“Spicca il volo con la Turchia”, suggeriva una pagina pubblicitaria comparsa nei giorni scorsi su uno dei maggiori quotidiani italiani. “Gira il tuo volto verso la Turchia, sarai sorpreso dalla sua velocità, stupito dalla sua perseveranza e crescerai con la nostra partnership commerciale”, aggiungeva l’annuncio, prontamente diffuso da Ankara a seguito del precipitare delle relazioni con la Russia, il cui Parlamento ha approvato la scorsa settimana le sanzioni da applicare al Paese guidato da Recep Tayyip Erdogan.

La Turchia, insomma, cerca nuove sponde, perché le decisioni di Mosca in risposta all’abbattimento del bombardiere Sukhoi Su-24M da parte dell’Air Force turco F-16 lo scorso 24 novembre, sul confine turco-siriano, rischiano di avere notevoli ripercussioni dalle parti di Ankara, che un anno fa ha stretto un’importante alleanza strategica proprio con la Russia. Ed è eloquente l’oscillazione delle posizioni prese dal governo turco negli ultimi giorni: Erdogan ha rivendicato l’autosufficienza del Paese, il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu non ha escluso di chiedere alla Russia l’annullamento delle sanzioni e il primo ministro Ahmet Davutoglu ha dichiarato di non avere intenzione di alimentare la tensione e di non prevedere contro-sanzioni, che “non sarebbero capite dal popolo russo”.

Impossibile calcolare con precisione le ripercussioni sull’economia anatolica. Le stime di operatori, analisti e politici vanno da 5 a 20 miliardi di dollari, potenzialmente andando a incidere fino al 3% del suo prodotto interno lordo. Dal primo gennaio la Russia bloccherà l’importazione dalla Turchia di frutta (622 milioni di dollari nel 2014) e verdura (385 milioni), pollame (23 milioni), sale e altri prodotti. Oltre 4 miliardi vale da solo, invece, il settore turistico: lo scorso anno 4,3 milioni di russi avevano visitato la Turchia, quest’anno, fino a ottobre, erano 3,5 milioni. Dal primo dicembre sono rimasti negli hangar i voli charter tra i due Paesi ed è stato fatto divieto ad agenzie e operatori turistici di vendere pacchetti di viaggi con destinazione Turchia. Viene, inoltre, ripristinato il regime dei visti e si inaspriscono le regole per le attività turche in Russia, mentre i datori di lavoro russi (salvo specifiche eccezioni) non potranno più assumere cittadini turchi.

L’interscambio tra Turchia e Russia si aggira oggi tra i 30 e i 35 miliardi di dollari, di cui l’80% circa è rappresentato da export russo in Turchia, e l’obiettivo dei due presidenti Vladimir Putin ed Erdogan era di raggiungere i 100 miliardi entro il 2023. Cifre importanti per Ankara ma anche per Mosca, il cui oltranzismo deve fare i conti con la delicata situazione economica domestica. Le sanzioni applicate dallo scorso anno alla Russia da parte dell’Unione Europea e degli Stati Uniti per l’annessione della Crimea hanno contribuito a peggiorare la recessione in cui era finito il Paese dall’inizio del 2014 per la crisi del rublo e il crollo del prezzo del greggio, con notevoli ripercussioni anche sui canali commerciali consolidati. Rispetto allo scorso anno, nel primo semestre del 2015 gli scambi complessivi sono già diminuiti del 21%, e dagli 8,5 miliardi di dollari del 2013 le esportazioni russe in Turchia si sono ridotte a 6 miliardi nel 2014. Nonostante ciò, tra i partner commerciali della Russia nel 2014 la Turchia è comunque salita al sesto posto, due posizioni in più rispetto al 2013. Forse non è un caso se anche Mosca ha iniziato a farsi pubblicità sulla stampa straniera: nei giorni scorsi si è vista su diversi quotidiani un’inserzione che proponeva la capitale come destinazione turistica perfetta per le famiglie con bambini.

Ma a legare a filo doppio i due Paesi è l’energia. La Turchia, che riceve da Mosca il 56% del proprio fabbisogno di gas, è il secondo mercato per il gas naturale russo (il terzo è l’Italia). Al momento le sanzioni non toccano l’energia e le commodity, ma l’inasprirsi della tensione ha portato all’interruzione dei negoziati per la costruzione del Turkish Stream, il gasdotto promosso da Gazprom che permetterebbe di portare gas dalla Russia all’Europa attraverso la Turchia ed evitando l’Ucraina, tramite quattro canali nel Mar Nero. Mentre resta incerto il destino della centrale nucleare di Akkuyu, un progetto da 22 miliardi di dollari, affidato a Rosatom, in grado di coprire il 16% del fabbisogno energetico turco. Secondo le stime le due compagnie di Stato russe avrebbero portato la dipendenza energetica turca da Mosca al 74 per cento.

“Se perderemo le forniture troveremo alternative”, ha affermato Erdogan, a cui non mancano la velocità e la perseveranza propagandate in pubblicità. Nelle sue visite della passata settimana ha già trovato due nuovi importanti accordi, con Qatar e Azerbaijan. A Doha ha siglato un memorandum che comprende un’intesa con la Qatar Petrol, mentre a Baku ha chiuso l’accordo per accelerare la realizzazione di un altro gasdotto, il Tanap ovvero Trans-Anatolian gas pipeline, per completare la struttura in anticipo rispetto al 2018. Un piano che permetterebbe di raddoppiare anche il volume di gas importato dall’Iran.

Articolo Precedente

Cambiamenti climatici, chi vince e chi perde: per gli Usa conto potenziale da 130 miliardi, a rischio rating di Caraibi e Asia

next
Articolo Successivo

Legge di Stabilità, governo fa marcia indietro su trivellazioni off shore. No Triv: “Punta a evitare i referendum”

next