Parigi, migliaia di scarpe in Place de la Republique per Conferenza Clima

Stamattina,visitando il sito preincaico di Tiahuanaco, nei pressi di La Paz, ho potuto contemplare il monolito raffigurante il guardiano della Pachamama (Madre terra), meglio conosciuto come monolito Bennett dal nome dell’architetto statunitense che lo scoprì nel 1932. Questa divinità, come tutto il sistema precolombiano di credenze, norme e miti, appare strettamente legato al rapporto con la natura, concepita per l’appunto come una grande genitrice che va rispettata e curata.

Di una divinità del genere ci sarebbe più che mai bisogno oggi dato lo stato comatoso dell’ambiente terrestre. Senza un deus ex machina, in effetti, saremo ben presto costretti, nel giro di qualche generazione, a dare l’addio alla Madre Terra, minacciata da fenomeni di degrado ambientale senza precedenti, risultato del modello di sviluppo capitalistico basato sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse e sulla contaminazione dell’ambiente, oltre che sullo sfruttamento del lavoro salariato e non.

Il cambiamento climatico, in particolare, rappresenta un problema di tremenda urgenza. Una sostanziosa lobby di inquinatori ha tentato in tutti i modi di screditare la credibilità scientifica dei rapporti presentati dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), facendo perdere tempo prezioso. Un vero e proprio crimine da punire.

L’accordo raggiunto oggi a Parigi presenta taluni aspetti positivi, a cominciare dal fatto di essere vincolante. Ma certamente non basta. Sono necessarie scelte radicali che impongano a tutti gli Stati la riduzione delle emissioni mediante il passaggio alle energie alternative, come richiesto anche da Greenpeace ed Amnesty International in un documento congiunto ripreso dall’Associazione internazionale dei giuristi democratici in una sua recente risoluzione. E’ insomma necessario un cambiamento totale di approccio ed in questo senso è possibile. A proporlo anche Naomi Klein e Jeremy Corbin, secondo cui bisognerebbe dar vita a un programma complessivo di lotta al cambio climatico in grado di creare milioni di posti di lavoro. Proposte precise sono state formulate in questo senso anche per quanto riguarda il nostro Paese.

Per affrontare il cambio climatico le pezze calde non servono. Occorre invece necessariamente un cambio epocale di prospettiva: come scrive il ministro boliviano della Pianificazione René Orellana nel libro Bolivia:nuove frontiere del diritto e della politica, la cui pubblicazione in spagnolo ho presentato ieri qui all’Università di La Paz, è necessaria la costruzione di un diverso orizzonte di civiltà per un diverso modello di sviluppo in cui la ricerca della felicità collettiva si combini con il rispetto della natura. Lo sviluppo deve essere un mezzo e non un fine, afferma giustamente Orellana. Altrimenti, aggiungo io, saranno in milioni a fare la fine dei topi, mentre per tutti gli altri, compresi quelli che stanno coscientemente cospirando per ottenere questo obiettivo e i loro discendenti, si delinea un futuro indegno di essere vissuto.

Il vero deus ex machina, il guardiano della Pachamama dei nostri giorni è a ben vedere rappresentato dal movimento internazionale per la trasformazione sociale e ambientale che ha tutto il diritto di non ritenersi soddisfatto dei risultati raggiunti a Parigi e l’obbligo di  continuare, sia nei singoli Paesi e nelle singole situazioni locali che su scala globale, la lotta contro il sistema che sta distruggendo l’unico pianeta che abbiamo.

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