Sono andata anche io alla Prima della Scala, ma non a quella blindata del teatro Piermarini. Mi sono portata al Baretto dell’Hotel Baglioni per la cena post prima. Era come essere tra stucchi e tappezzerie della Scala, senza dover far finta di apprezzarne l’opera. Ops, si è persa in una nuvola d’organza l’esperta di bellezza di origine israeliana, Dvora Ancona, griffata Antonio Riva. Inguainata con guanto nero lunghissimo da femme fatale Diletta Petronio. Lui, Antonio, è in smoking nero blu e bretelle di raso. Ci si stira e ci tira per la prima più attesa del mondo, entrambi hanno ancora il fiatone. La prima, profetessa del no bisturi, ha rimodellato, tonificato, corroborato, facce e scollature. Mentre il sarto Riva ha ancora l’ago in mano, tira qui, tira lì, cuci e ricuci, l’ultimo tocco glamour prima della passerella scaligera.

Tagli e cuci, faraona tartufata e bollicine, a ogni tavolo le “pulzelle” di buona stagione ricamano pettegolezzi: hai visto la spalla nuda della first Lady Agnese, in pizzo Ermanno Scervino? Carla Fracci, sempre in bianco verginale. E la Valeriona Marini, luccicante come una palla di natale. Occhialini da teatro e look da maestrina per Laura Morino, in paillettes di Raffaella Curiel. Fabiana Giacomotti, una sirena in total blak con volant rosso geranio di Chiara Boni.  Senza nome, solo frutto della sua fantasia il gonnone in taffetà color verde Lega con papillon a tinta di Daniela Santanché. Tra tante rifattone, quasi stonava il viso, un plissè di rughe, e la chioma scapigliata e brizzolata, di Patti Smith, la poetessa del rock.

Si gira l’angolo, entra in scena il fiammante ristò Doriani di via Montenapoleone, il dietro le quinte è su Instagram con il blogger Gian Maria Sainato e con Ivan Rota, icona chiambrettiana, per commentare i due tatuaggi di Sabina Negri, un crocefisso e Allah, in nome della par conditio religiosa.

Cecchini sui tetti o piazzati strategicamente per tenere a tiro la Scala? “Io non li ho visti”, commenta agrodolce Martino Crespi, l’anfitrione di Priceless, il ristorante temporay più cool di Milano, appollaiato dentro una scatola di plexiglass a vista su Piazza della Scala. I suoi 26 posti per il dopo prima erano stati prenotati con tre mesi d’anticipo. E per gli esclusi posticipa chiusura fino al 31 dicembre. E sai che botti di fine d’anno.

Si cambia giro, è ressa d’intelletto-chic, senza fronzoli e senza luccichii alla Fondazione Prada per la “prima” della mostra tematica “Recto Verso” (fino al 7 febbraio). Confesso subito un peccatuccio d’ignoranza: ho impiegato un po’ a capire cosa volesse dire. Vedere il lato B di un’opera vuol dire avere la possibilità di osservarla nella sua totalità, a trecentosessanta gradi. Il lato A rimane imprescindibile ma una volta appagata la curiosità,  si può girare la tela, o meglio, vietato toccare, l’artista lo fa per noi. Artisti di generazioni e tendenze diverse, come Carla Accardi, Louis-Léopold Boilly, Gerard Byrne, Enrico Castellani, Sarah Charlesworth, Lucio Fontana, Roy Lichtenstein hanno trasformato un semplice gesto in un’approfondita indagine storica sul vero e sull’illusione della visione. Altri hanno lasciato sul retro della tela messaggi criptici o in attesa di essere rivelati.

Istruzioni per incontrare Miuccia. Arrivare ad apertura cancelli, lei si gode la mostra in beata solitudine. Quando arriva la folla lei si rintana  nel suo foyer, che di fatto è il Bar Luce che ricrea in chiave più surreale l’atmosfera di un bar della vecchia Milano.  E placcata dai re magi, una corte di adoranti, Miuccia si lascia adorare. Neanche alla bravissima soprano Anna Netrebko (la Giovanna d’Arco), a sipario calato, è concesso tanto venerare.

Twitter@januariapiromal

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