di Riccardo Testolin

Il tema dell’agricoltura si sta rivelando di centrale importanza alla Cop21 di Parigi, ed è facile immaginarlo alla luce delle sfide che i cambiamenti climatici pongono ad un settore che dovrà anche rispondere all’aumento della popolazione mondiale. Pertanto, ci si chiede come sarà possibile nel 2050 sfamare 9 miliardi di esseri umani senza distruggere le risorse naturali del nostro pianeta, già minacciate dai cambiamenti climatici.

Queimada_ABr_02

Infatti, l’agricoltura si attesta come una delle principali cause della distruzione delle foreste, specialmente nei paesi tropicali. Foreste dalle cui risorse dipendono direttamente 1,6 miliardi di persone, nonchè il clima stesso del pianeta perché, è bene ricordarlo, contegono molto più carbonio di quanto non ne cotenga oggi l’intera atmosfera. Azzerare la distruzione e la degradazione delle foreste (così come stabilito dal quindicesimo Sustaninable Development Goal) costituisce pertanto una fra le più importanti singole azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici.

Come è possibile cambiare i nostri sistemi agricoli per vincere questa sfida? Per Jacob Waslander (capo del dipartimento di clima ed energia del Ministero degli Affari Esteri olandese), intervenuto durante il side event Deforestation-free agriculture: converting pledges into action, il settore privato si sta già muovendo nella giusta direzione. Sempre più compagnie sono infatti disposte ad impegnarsi per ridurre i fenomeni di deforestazione legati alla propria attività. Della stessa idea è Natalie Walker, senior manager della National Wildlife Federation, che ha spiegato come l’istituzione di una moratoria da parte di alcune compagnie private sul commercio di soia proveniente dai terreni disboscati dell’Amazzonia abbia portato ad una drastica riduzione di tale fenomeno.

Per Richard McNally (Smart Development Works) è fondamentale un approccio multi-stakeholder alla pianificazione della produzione alimentare, nonché il supporto finanziario da parte dei governi. Richard Donovan (Rain Forest Alliance) ha infine posto l’attenzione sull’importanza della creazione di sistemi di monitoraggio efficaci basati su indicatori chiari e definiti, così che le aziende del settore agricolo possano dimostrare i risultati degli sforzi intrapresi per ridurre il proprio impatto sugli ecosistemi.

Esistono dunque gli strumenti per ridurre l’impatto dell’agricoltura sugli ecosistemi, pur garantendo una produzione sufficiente a sostenere la crescita demografica globale. Il 2015 sarà con ogni probabilità il primo anno in cui alla crescita economica globale corrisponderà una riduzione della CO2 emessa. Ciò lascia ben sperare nel prossimo decoupling di agricoltura e deforestazione.

Articolo Precedente

Tarantini nati sfortunati? Antonello Venditti ha ragione

next
Articolo Successivo

COP21 Parigi, via libera all’accordo sul clima: “Impegni vincolanti per ridurre le emissioni di anidride carbonica”

next