Da Mini Winnie, il primo cane clonato al mondo che ha da poco compiuto un anno, a un’intera cucciolata generata negli Stati Uniti da beagle e cocker spaniel attraverso la fecondazione avvenuta totalmente in vitro. Questo l’ultimo risultato della scienza atteso da più di 40 anni e ottenuto grazie all’impegno di un gruppo di ricercatori, guidato da Jennifer Nagashima, dell’Istituto Baker per la salute animale della Cornell University. Lo studio, pubblicato sulla rivista on line Plos One, potrebbe aprire la strada alla conservazione delle specie animali in via di estinzione. Gli scienziati, infatti, perfezionando la tecnica della fecondazione artificiale, si sono concentrati sull’editing genetico, ossia la riscrittura del dna, per combattere le malattie ereditarie sia animali che umane. Un collegamento non azzardato, se si pensa che i cani condividono più di 350 disturbi genetici con gli uomini, quasi il doppio rispetto a qualsiasi altra specie.

IL LAVORO IN LABORATORIO – Per la fecondazione sono stati ottenuti in laboratorio 19 embrioni, poi impiantati in un solo cane femmina che ha dato alla luce i sette cuccioli. Tutti sani: due da madre di razza Beagle e padre Cocker Spaniel e cinque da due accoppiamenti tra madri e padri Beagle. Studiando il ciclo dell’animale e prelevando le cellule nella giusta fase di maturazione, gli studiosi sono riusciti a raccogliere gli ovociti adulti dalle cagnolina. In laboratorio hanno ‘trattato’ lo sperma maschile e hanno fecondato un ovulo maturo con uno spermatozoo riproducendo ciò che avviene in natura. Un passaggio innovativo è stato quello che riguarda l’utilizzo del magnesio “la cui aggiunta – ha spiegato Alex Travis, professore associato di Biologia riproduttiva presso il Baker Institute – ha permesso di raggiungere un tasso di successo per la fecondazione che varia dall’80 al 90 per cento”. Gli embrioni sono stati congelati e, per il trasferimento, si è atteso il momento più adatto del ciclo riproduttivo della madre, che nei cani si verifica solo una o due volte all’anno. La cagnolina ha fatto così da ospite.

LA TECNICA CRISPR – A spiegare l’importanza di questo risultato scientifico è stato proprio il direttore del laboratorio Travis. “Era dagli anni Settanta che gli scienziati cercavano di arrivare alla fecondazione in vitro con i cani, ma non c’erano mai riusciti” ha dichiarato. Nel frattempo l’inseminazione artificiale è diventata sempre più diffusa. Ma ora i ricercatori hanno applicato la tecnica chiamata Crispr (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats). “Si può congelare e utilizzare lo sperma per l’inseminazione artificiale, ma – ha sottolineato lo studioso – senza la fecondazione in vitro, pur congelando gli ovociti non potevamo usarli”. La tecnologia è stata perfezionata, tanto che per Travis diventa possibile “congelare gli spermatozoi e conservarli in banche per utilizzarli nella fecondazione artificiale”. Con questa tecnica, però, non solo si può conservare il patrimonio genetico di specie minacciate, ma addirittura si possono rimuovere le sequenze di informazione genetica già nell’embrione.

LE IMPLICAZIONI DELLA RICERCA – Le implicazioni sono tante, in primis per la cura delle malattie ereditarie dei cani. Alcune razze, infatti, hanno delle predisposizioni a determinate patologie: l’incubo dei dalmata sono i calcoli urinari, i barboncini possono essere affetti più spesso da atrofia della retina progressiva. Ereditaria è anche la dermatite atopica. Sono predisposti i terriers, i labrador retriever, il pastore tedesco e i golden retriever, i più colpiti da linfoma. In doberman, setter e altre razze, invece, si riscontrano più di frequente malattie infiammatorie. Questo per far comprendere quanto possa essere importante in questi casi l’editing genetico. C’è in concreto, dunque, la possibilità di prevenire le malattie prima del loro inizio, tutelando così il patrimonio genetico dei canidi minacciati di estinzione (fra i quali i lupi e alcune specie di volpi). Ma si apre anche la strada verso la lotta ad alcune patologie ereditarie di cui soffre l’uomo, dato che sono ben 350 i disturbi genetici che abbiamo in comune con i canidi. Proprio l’ipotesi di manipolazione genetica è al centro delle polemiche e del dibattito che tali ricerche stanno animando a livello internazionale e che riguardano soprattutto le questioni etiche.

Articolo Precedente

Legge Stabilità: il caso Stamina non ci ha insegnato niente

next
Articolo Successivo

Telethon 2015, #nonmiarrendo. Riparte la raccolta fondi in tv contro le malattie rare

next