Il Virus di Porro ultimo scorso, tema l’islam, la nostra identità, la loro identità eccetera eccetera in chiave abbastanza di “mamma li turchi!”, è stato impreziosito da un significativo scontro fra il conduttore e l’ospite Carlo Rovelli, fisico in odore “di sinistra”, designato dal casting a rappresentare lo “state bboni” in contrapposizione a Vittorio Feltri, destinato a campione del “diamogli giù”.

Ma, siccome perfino un talk show può sorprendere, Feltri e Rovelli hanno presto confluito in analisi e proposte, sostenendo con pari audacia che, se da noi ci sono molti islamici è ovvio che debbano esserci anche le moschee e che i bombardamenti non procurano a chi sta sopra l’amore di chi sta sotto. Ma mentre noi ci compiacevamo dell’imprevedibile convergenza, Porro dentro di sé probabilmente disperava perché un talk show o è duello o è flop.

Ma a ravvivare le cose ci ha pensato la scaletta del talk, per cui in piena calma piatta è arrivato il classico video virale, linkatissimo – come di regola accade – proprio perché estremissimo, dell’iman pazzoide che, in barba e turbante, predica a beneficio della pace in famiglia la provvidenzialità della sottomissione femminile. Chiacchiere comuni anche tra noi mezzo secolo fa (quante ne abbiamo sentite su “chi porta in pantaloni in famiglia”), ma talmente rozze che perfino nostro nonno, che certo femminista non era, lo avrebbe ritenuto uno sciocco.

Qui Rovelli ha compostamente osservato che ricorrere a quel reperto era una operazione “becera” (cioè, a regola di vocabolario, volgare e insolente) volta ad attizzare gli animi anziché ad aguzzare i cervelli. Al che Porro è saltato su e ha fatto l’offeso, anche se proprio in quel momento stava conseguendo il diploma di “conduttore brutale” cultore del famoso “parla come mangi”, qualsiasi cosa mangi.

Al netto di ogni valutazione va detto che il programma si faceva vedere è che ha ottenuto un buon 5,33%. La scaletta, becera o non becera (noi pensiamo che lo fosse) era del resto solida, i servizi sopportabili e un paio di facce, Rovelli e la docente italiana con chador, ancora non consumate dal tour dei talk show. Parallelamente anche Piazza Pulita ha sostanzialmente confermato la sua usuale platea, secondo l’ormai affermato fenomeno della auto profilazione dei pubblici, sempre più costituiti da seguaci della inclinazione culturale del programma. Basi di audience ristrette, ma resistenti. Da separati in casa.

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