Tutto da rifare. O quasi. Il maxi processo all’Ilva di Taranto è annullato: si torna all’udienza preliminare. La Corte d’assise di Taranto, infatti, ha accolto la richiesta di nullità di un verbale dell’udienza preliminare del 23 luglio sollevata dalla procura ionica e ha stabilito gli atti emessi dal tribunale da quel momento in poi non sono validi e quindi sarà necessario ritornare alla fase preliminare per una nuova decisione. Un errore formale, quasi un cavillo apparentemente, ma non è così. In quel verbale, infatti, per alcuni imputati non è riportato il nome del “sostituto processuale” cioè dell’avvocato nominato dal giudice in sostituzione dell’avvocato di fiducia evidentemente assente in quel momento. In sostanza quegli imputati non avrebbero avuto nessun difensore in quella udienza: una violazione del diritto di difesa sancito dalla Costituzione che oggi annulla tutti i passi già compiuti per il procedimento giudiziario più importante nella storia della città dell’Ilva.

E’ stato lo stesso pool di inquirenti guidato dal procuratore Franco Sebastio e dall’aggiunto Pietro Argentino a formulare la richiesta. Una scelta che è sicuramente controproducente per l’accusa che normalmente chiede di arrivare velocemente a una sentenza, ma che in realtà ha una sua logica. “Innanzitutto – ha spiegato a ilfattoquotidiano.it il procuratore Sebastio – la procura deve garantire anche i diritti degli imputati che in quel momento non godevano di un diritto sancito dalla Costituzione. A questo si aggiunge che se la richiesta fosse stata fatta ad esempio quando il processo era pendente dinanzi alla Cassazione e quindi nella sua fase finale, la nullità avrebbe azzerato anni di lavoro e magari le due sentenze precedenti. Perderemo qualche mese oggi, ma era doveroso farlo. Inoltre – ha aggiunto il magistrato – questo dimostra il lavoro certosino che i magistrati della procura stanno facendo: controlliamo ogni singolo dettaglio senza lasciare nulla al caso”.

Ma che cosa accadrà adesso? La Corte presieduta da Michele Petrangelo, a latere il giudice Fulvia Misserini più i sei giudici popolari, ha disposto che gli atti vengano nuovamente inviati al giudice dell’udienza preliminare, ma bisognerà capire chi dovrà celebrare l’udienza. Appare altamente improbabile che possa essere Vilma Gilli: i difensori, infatti, solleverebbero una immediata richiesta di ricusazione visto che proprio il giudice Gilli a luglio 2015 aveva rinviato a giudizio 44 imputati che oggi sono sotto processo dinanzi alla corte d’assise. Molto più verosimile è che gli atti arrivino sul tavolo di una altro magistrato della sezione dei “giudici per l’udienza preliminare”. Anche in questo caso, però, il nuovo giudice dovrà avere il tempo di studiare gli oltre 100 faldoni del maxiprocesso alla fabbrica. Non solo. Il nuovo giudice potrebbe legittimamente giungere a conclusioni differenti rispetto a quelle a cui era arrivato il giudice Gilli.

Il ritorno alla fasi preliminare, però, riguarda esclusivamente le tre società (Ilva spa, Riva Fire e Riva Forni Elettrici) e i 44 imputati che avevano scelto di essere giudicati con il rito ordinario tra i quali Nicola e Fabio Riva, l’ex governatore di Puglia Nichi Vendola e il sindaco di Taranto Ippazio Stefano. Per i cinque imputati che invece erano stati giudicati con rito abbreviato il problema non si pone dato che i difensori di fiducia erano presenti durante le udienze. I tempi della giustizia per il disastro ambientale e sanitario di Taranto, quindi, si allungano. Eppure, paradossalmente, è quasi un bene che la procura abbia presentato l’istanza in questa fase ancora embrionale del processo: se la vicenda fosse stata sollevata dinanzi alla Cassazione anni e anni di udienze sarebbero state spazzate con un colpo di spugna e il rischio della prescrizione avrebbe probabilmente messo una pietra tombale su una vicenda epica per Taranto, per i suoi abitanti e per gli operai dello stabilimento siderurgico.

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