Un passaggio di situazioni, un viaggio dove si scavalcano i confini. E’ la transizione il filo conduttore della collettiva La Fabrica del presente, a cura di Fabrica e in mostra al Museo di Roma in Trastevere  fino al 24 gennaio 2016. Un viaggio racchiuso in quattro progetti artistici che associano immagini a ricordi, sogni, situazioni, cronache, nell’intento di raccontare l’anima transitoria della nostra contemporaneità e far nascere una riflessione sui confini (non solo geografici) del nostro tempo.

E si parte allora con Night(e)scapes. From light to darkness di Martina Cirese, Geremia Vinattieri e Christian Coppe, un viaggio notturno fatto di foto, appunti visivi, motion design e musica che vogliono mettere in relazione i luoghi italiani ai suoi rumori. “Ognuno di noi, che abbia o meno visitato questi posti, li associa a delle immagini ma è quasi impossibile averne in mente il suono” spiegano gli artisti. “Eppure ciascuno di essi è popolato di rumori, sussurrati o esplosi, ripetuti o unici, cadenzati o disordinati”. E’ questo l’intento di Cirese, Vinattieri e Coppe: scavalcare i confini visivi e restituire alle immagini i propri suoni, proponendo mete nascoste del patrimonio artistico italiano come le isole meno di Venezia, l’ecomuseo della Pietra da Cantoni nelle Langhe e le città di Matera e Craco.

Il viaggio poi prosegue spostando i confini al di là del mare con Lipadusa. From sea to land, il progetto di ricerca di Calogero Cammalleri dedicato all’isola diventata ormai sinonimo di migrazione, tragedie in mare, disperazione e miseria. “Geograficamente già Africa ma politicamente ancora Italia, Lampedusa vive una dimensione non solo isolana ma isolata, di confino o confine, di sogno e solitudine” racconta Cammalleri. Nei suoi scatti lo scorrere della vita; impressioni oniriche, attimi colti in bianco e nero, sfocati nella trasfigurazione di una realtà che diventa senza tempo, per un racconto di un’isola in un vero stato di transizione ma che vuole riappropriarsi della propria identità.

Cambia poi il punto di vista con il progetto Iranian Living Room. From private to public.  In questa storia corale, realizzata da 15 fotografi iraniani, si racconta l’Iran con uno sguardo nuovo, dall’interno delle case, nei salotti, unico spazio fisico e metaforico nascosto agli sguardi dei media internazionali e allo stato locale. “Abituati come siamo a un’osservazione guidata, sempre controllata dell’Iran, con Iranian Living Room possiamo entrare nelle case delle persone e, quindi, nella pancia del Paese” spiegano da Fabrica. “Disparità religiose, differenze e similitudini culturali, dualità nell’abbigliamento, solitudine e convivialità, clandestinità, queste e molte altre situazioni prendono forma nei delicati scatti dei giovanissimi fotografi che raccontano stanze segrete e inaccessibili ai giudizi degli altri, dove effettivamente si svolge la vita”.

A chiudere la mostra il progetto di Sofia Valiente, Miracle Village. From judgement to absolution, una ricerca dedicata alla vita dei sex offender al termine della pena. “In Florida – racconta – vigono leggi che impediscono alle persone condannate per reati sessuali nei confronti di minori di vivere a meno di 300 metri da una scuola, da un asilo, da un parco o da un’area giochi, limite che in alcune città è stato portato fino a 750 metri e al quale sono state aggiunte le piscine, le fermate dell’autobus e le biblioteche. Difficile trovare posti così che non siano sotto un ponte, o sotto un cavalcavia dell’autostrada tranne Miracle Village, una cittadina fondata da un ex detective privato divenuto pastore evangelico che consente ai sex offender una vita dignitosa”. Questo progetto, vincitore del primo premio della sezione “Stories, Portraits” del Word Press Photo, ha portato Sofia Valiente a seguire la vita dei residenti del villaggio, a stringere amicizia con loro e a condivire con loro il senso di alienazione, solitudine e le difficoltà della riabilitazione. Il suo progetto, Miracle Village, racconta le storie di dodici di queste persone: ne segue il viaggio dalla colpa, il peccato, l’espiazione attraverso l’isolamento e il miraggio di un reinserimento sociale. Tra il confine di ciò che è giusto, di ciò che è stato, degli errori, di quel periodo di transizione di chi vuole cercare di cambiare e ritornare sui propri passi.

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