libreria quadrata magazine

La porta della libreria è chiusa. Fuori piove e io, che lavoro in maglietta anche in inverno, devo tutelare la mia schiena, colonna portante del lavoro di un libraio. Mentre armonizzo il caos che fa ontologicamente parte del mestiere, la campanella della porta annuncia un cliente.

Libraio: “Buongiorno signore, ha bisogno di aiuto?”

Il signore mi guarda, scrutandomi per un momento con incertezza.

Leggo nella sua mente la plausibile perplessità di chi pensa che non ci sia bisogno di aiuto per orientarsi in una libreria, e capisco soprattutto come possa essersi disabituato al confronto con un intermediario, vittima, più o meno consapevole, della perdita del valore del tempo nel nostro tempo.

Cliente: “No grazie. Do solo un’occhiata. Dunque… Storie di Storie, Storie d’Autore, Storie per Crescere…”

Lo tengo d’occhio in attesa dell’inevitabile.

Si guarda intorno, cerca di capire dove potrebbe essere quello che vuole, quasi imbarazzato al pensiero di chiedermi aiuto. Poi, disorientato dalla nostra catalogazione, si fa coraggio e mi rivolge la parola.

C: “Effettivamente forse faccio prima se chiedo. Dovrei fare un regalo a una signora.”

Calo la celata del mio sorriso più cordiale e mi alzo. Poi comincio a raccogliere input a strascico.

L: “Mi dica, cosa piace alla signora? Saggio, romanzo, libro fotografico? È una buona lettrice? Ma soprattutto… si tratta di un semplice regalo o vuole delegare a questo dono un messaggio, come dire… particolare?”

Il cliente mi guarda diversamente ora, si vede che non era pronto, che si era dimenticato cosa può succedere in una libreria indipendente, e si rilassa accogliendo questo inedito contatto umano.

C: “Non conosco molto bene i suoi gusti, so che le piace leggere, credo non sia troppo esigente. Le ho visto portare in vacanza dei romanzi leggeri, ma è mia cognata, quindi eviterei cose imbarazzanti…”

Colgo tre o quattro idee dagli scaffali, le introduco brevemente per lasciargli la possibilità di scegliere qualcosa di suo gradimento, sperando di proporgli qualcosa che possa piacere anche a lui, o a sua moglie, o all’amante.

L: “Qualcosa di struggente, che per una donna va sempre bene, qualcosa di romantico, idem con patate, uno ironico, per sfuggire agli imbarazzi, e uno impegnativo. Questo è andato molto bene, lo abbiamo consigliato tanto, questo non lo ha letto nessuno ma è in alto nelle classifiche di vendita, di questo conosco l’autore, uno con una scrittura impegnativa. E questo era quello che pensavo di proporle, è il nostro libro del mese già da un po’…”

C: “Non lo cambiate ogni mese il libro del mese?”

L: “Dipende, non è che tutti i mesi esca qualcosa di significativo.”

Il cliente è colpito dal formato insolito di questa proposta. Si tratta de I pesci non hanno gambe, di Jón Kalman Stefánsson, ed è un libro di Iperborea, editore che pubblica in un inconfondibile formato stretto. Vedo che gli piace la copertina e anche il formato è accattivante, così originale e diverso.

C: “E di che parla?”

L: “La vicenda si svolge in un’Islanda in evoluzione, un paese sospeso tra vulcani attivi, stoccafissi e tetti masticati dalla salsedine. Un posto così angusto che nessuno vorrebbe capitarci nemmeno per caso, eppure ci sono persone che lì fanno nido per vivere la vita, mentre il mondo intorno a loro si restringe, tra armamenti americani e globalizzazione. È un po’ la storia dell’ingresso dell’Islanda nel contemporaneo. E poi è scritto con uno stile davvero superiore. Vale la pena leggerlo anche solo per la raffinatezza della prosa…”

E lo vedo che si immerge nelle prime tre righe, scoprendo che effettivamente c’è qualcosa di intrigante, e gli sembra di perdere un’occasione a lasciarlo lì.

C: “Ma è uscito da tanto?”

L: “È uscito da un po’, ma cose come questa non si scovano tutti i giorni. E non ha sempre senso stare al passo coi ritmi odierni del mercato. C’è chi lo chiama slow-book, per me è solo attenzione.”

Improvvisamente il cliente si ricorda di avere un appuntamento, prende tutte le mie proposte e mi chiede di incartarne una per la cognata. Quello di Stefánsson lo tiene per lui. Qui si parrà la mia nobilitate, se gli piacerà tornerà di sicuro, e così spero che farete anche voi, lettori di questo nuovo blog che, nelle intenzioni di chi scrive, vuole essere uno strumento di approfondimento ironico e rivelatorio sul complicato mondo del libro nel terzo millennio, e di tutto ciò che gli gira intorno, compresi noi librai.

E vi giuro che quando ho fatto il pacchetto ho coperto il prezzo.

Articolo Precedente

La ‘Fabrica’ del presente, quattro progetti in mostra a Roma

next
Articolo Successivo

Prima della Scala, Milano riparte da “Giovanna d’Arco”: un successo per ritrovare il passato (e magari anche la sua gloria)

next