Oggi è a rischio povertà chi è sotto la soglia dei 65 anni, mentre i pensionati hanno retto meglio le turbolenze della crisi. Domani, nel 2050, a rischio lo sarà anche questa categoria sociale, la classe di lavoratori nati negli anni ’80 toccherà con mano la povertà, avrà pensioni molto basse. Le previsioni Inps e Ocse sulle pensioni del domani, presentate oggi a palazzo Wedekind a Roma, non sono rosee. Si lavorerà di più, si andrà in pensioni a 75 anni, ma con un 25% in meno nell’assegno previdenziale rispetto al pensionato nato nel 1945. “Io da 35enne sarei molto preoccupato guardando i dati” dice Stefano Scarpetta, direttore del dipartimento sul lavoro e affari sociali dell’Ocse. “E’ questione di mercato del lavoro ma anche di assistenza sociale, l’ingresso tardivo nel mondo del lavoro, le interruzioni o la perdita dello stesso prima del raggiungimento della pensione rischiano di far piombare molte persone, giovani e meno giovani, in uno stato di povertà” spiega Tito Boeri, presidente dell’Inps. “Ci siamo occupati della sostenibilità finanziaria della spesa pensionistica adesso dobbiamo guardare alla sostenibilità sociale, il sistema contributivo con bassi livelli di crescita economica, lavori a intermittenza, scarsa stabilità porterà a pensioni equivalenti all’assegno sociale di oggi, servono politiche attive del lavoro, maggiore stabilizzazione lavorativa e assistenza al reddito” afferma l’analista dell’Ocse. “Parlare di reddito minimo è importante, esiste in altri paesi europei, c’è da capire se il sistema Italia può permetterselo finanziariamente e come evitare gli abusi dello strumento, ma è certamente una discussione giusta” chiosa

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