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“Sulla tv siciliana Telejato è stato montato un caso che non esiste”: così, in una nota ufficiale, il Ministero dello Sviluppo Economico ha risposto in merito all’ipotesi di chiusura dell’emittente televisiva nota per le sue battaglie contro mafie e malaffare. Nessun oscuramento, le frequenze di Telejato non disturbano Malta – come invece era stato prospettato – e ogni tipo di allarmismo è fuori luogo; a dirlo è sempre il Ministero che poi aggiunge, in modo sarcastico, che per saperlo “non serve un’inchiesta particolarmente approfondita: basta leggere la delibera Agcom e il decreto ministeriale che lo stabiliscono”.

In realtà dell’ironia ce ne facciamo poco; la situazione che si stava prospettando era grave, eccome. Ancora una volta, dopo il pericolo scampato di chiusura a causa del passaggio al digitale terrestre, c’è voluta una massiccia mobilitazione sul web e una petizione on line per ottenere un risultato e una risposta da parte del Mise.

Ancora una volta Pino Maniaci, direttore di Telejato, e la sua famiglia hanno potuto contare sul sostegno e sull’affetto di tantissime persone. Si prospettava la possibilità che venisse colpita la libertà d’informazione e il diritto dei cittadini di essere informati mettendo un bavaglio ai “giornalisti giornalisti”. Giornalisti come Pino Maniaci, dalla schiena dritta, che ogni giorno ci mettono la faccia e fanno nomi e cognomi di mafiosi e collusi: i  P.D.M., pezzi di merda, così li chiama Pino.

Hanno cercato di fermarlo in tutti i modi, ammazzando i cani, bruciando le macchine, minacciando la sua famiglia, inviando lettere intimidatorie, arrivando a ben oltre 300 querele. Ma non ci sono riusciti. Del resto Telejato ha sempre toccato poteri forti, non da ultima con la campagna contro la malagestione dei beni confiscati a Palermo che ha fatto sì che la Magistratura e il Csm allontanassero e mettessero sotto inchiesta la dottoressa Saguto. La stessa Saguto che, pare in un’intercettazione, sembrava volesse metter a tacere Telejato.

In un paese normale, l’ipotesi dell’oscuramento non sarebbe stata nemmeno presa in considerazione, si sarebbero cercate situazioni alternative, chiedendo per esempio “ospitalità” a una delle emittenti che già trasmettono, oppure liberando frequenze non utilizzate. In un paese normale non ci sarebbe stato bisogno di indignarsi e di mobilitarsi in massa per scongiurare la chiusura.

Pino al telefono mi dice che vorrebbe ringraziare una a una tutte quelle persone che non l’hanno lasciato solo e che l’hanno sostenuto nel calore di un abbraccio, quello stesso calore che d’altronde si respira appena si mette piede nella sede di Telejato.

Senza questa grande mobilitazione forse le cose sarebbero andate in modo differente. Ma non è finita qui, bisogna continuare a parlarne, anche se tutto sembra tornato alla normalità. Spegnere i riflettori significa, come lo stesso Pino afferma, morte certa.

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