M.I.A. non è nuova alle polemiche. La cantante e rapper britannica, di origini tamil, in passato candidata all’Oscar per un brano finito nella colonna sonora di Danny Boyle e diventata famosa in tutto il mondo grazie alla collaborazione con Madonna, nel 2012, sin dal suo esordio ha ricevuto pesanti accuse di essere una sostenitrice del terrorismo di matrice Tamil. Nei fatti, unica rappresentante tamil nello show business occidentale, M.I.A. non ha mai mancato di usare la sua popolarità per sottolineare come in Sri Lanka sia in atto un genocidio nei confronti della sua gente da parte del governo di Columbus, governo osteggiato solo dalle Tigri Tamil, appunto. Di qui tutta una serie di polemiche, spesso anche pretestuose, come quando la accusarono di avventatezza per aver cantato e danzato ai Grammy, nel 2009, mentre era al nono mese di gravidanza.

Bene, proprio in queste ore M.I.A. ha tirato fuori un nuovo video, da lei stessa diretto, Borders, ed è nuovamente scoppiata una polemica in tutto il mondo occidentale. Il brano, anticipatore del prossimo album della rapper, Matahdatah, parla di migranti, e il video, nella sua poesia e eleganza, è in effetti un pugno nello stomaco. M.I.A. mette in scena una serie di tipiche situazioni di emigrazione clandestina, attualissime, e lo fa costruendo una serie di balletti che hanno per protagonisti migranti mal vestiti e dagli aspetti disperati.

C’è chi cerca di scavalcare barriere e palizzate, come in Ungheria o, per essere meno attuali, in Messico, c’è chi cammina in fila nei campi e nelle radure, come abbiamo visto fare ai profughi siriani nelle tristi immagini che ci accompagnano da mesi, c’è chi si muove sui barconi. Il tutto è coreografato, chi si arrampica, chi cammina, i barconi in mare, tutti si muovono a tempo, con eleganza, senza nulla togliere al messaggio, anzi, rendendolo ancora più crudo e ficcante.

Vedere M.I.A. e i profughi coperti dalle caratteristiche coperte termiche sugli scogli, come abbiamo visto tristemente a Ventimiglia, o vederla mentre canta arrampicata su una palizzata, come fossimo a Ceuta, nell’avamposto spagnolo in Africa, fa male. Perché su tutte le scene impera M.I.A., che recita frasi senza lasciare spazio a dubbi: “Politici, qual è il problema? / Polizia che spari, qual è il problema? / Identità, qual è il problema? / I vostri privilegi, qual è il problema? / Disperati, qual è il problema? /Gente sui barconi, qual è il problema?”.

In una scena, al centro di ulteriori polemiche, M.I.A. indossa la maglietta di una squadra di calcio occidentale, come tante volte abbiamo visto fare ai disperati che vengono accolti sulle nostre coste. Stavolta, però, la squadra è il Paris Saint Germain, colosso della capitale francese, e lo sponsor, Fly Emirates, la compagnia aerea degli Emirati Arabi, viene storpiata in Fly Pirates. Pensando ai fatti di Parigi la cosa non può che colpire. Se davvero, come dicono i malevoli, intento della cantante britannica di origini tamil è quello di mettersi in mostra, anche stavolta M.I.A. è riuscita nel suo intento. Si parla di lei, certo, anche se il messaggio di Borders non passa certo inosservato.

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