Il record, alla cassa, sarà tutto del Pd: 7 milioni, 375 mila, 990 euro e 94 centesimi. Ossia ben 3 milioni più del Pdl, che non arriverà manco a quota 4 e mezzo. La Lega Nord si fermerà a 1,2 milioni, più o meno quanto la lista “Monti per l’Italia” (648 mila euro) e Sel (661 mila) messi insieme. Poi, ecco i 752 mila euro di Scelta Civica, i 315 mila di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale, i 253 mila dell’Udc, fino ad arrivare ai pochi spiccioli, 496 euro, di Ladins Dolomites. Totale per il 2015: 45,5 milioni di euro.

FUORI CONTROLLO E’ questa la ripartizione provvisoria dei rimborsi elettorali che Montecitorio sta per erogare ai partiti senza alcun tipo di controllo grazie alla contestatissima legge 175, la cosiddetta «Boccadutri card», approvata lo scorso 14 ottobre.  Un’erogazione «indebita e illegittima», come ha denunciato il giornalista ed europarlamentare Giulietto Chiesa per conto dei Riformatori per l’Ulivo, diffidando la Camera dei Deputati a procedere a pagamenti previsti da una legge «potenzialmente incostituzionale». I vertici di Montecitorio hanno ricevuto la diffida due settimane fa, ma «i membri dell’ufficio di presidenza non ne sono neppure stati informati», accusa il deputato M5S Riccardo Fraccaro, che dopo aver letto la denuncia di Chiesa sul ilFattoquotidiano.it  chiede una convocazione urgente dell’organo per discutere la vicenda. “Pure io diffido i membri dell’ufficio di presidenza dal procedere al pagamento”, avverte Fraccaro: “Li invito a valutare attentamente il rischio di essere chiamati a rispondere di persona davanti a un giudice se procederanno a erogazioni illegittime e incostituzionali”.

CAMERA IN CONFLITTO La patata è bollente. Anzi, di più: l’ufficio di presidenza della Camera  – presieduto da Laura Boldrini e composto da 8 deputati Pd, 3 di M5S, 2 di Fi, 2 di Area popolare, 1 ciascuno per Sel, Centro democratico, FdI, Scelta civica, Lega, Misto – è infatti da sempre l’organo deputato a deliberare sulla ripartizione dei rimborsi elettorali e a procedere alla loro liquidazione. Traduzione: «I partiti che ne fanno parte hanno sempre finanziato se stessi senza alcun tipo di controllo esterno», spiega Fraccaro, ricordando i grandiosi scandali, come i casi Lusi e Belsito, di un passato neanche troppo lontano. A poco, anzi nulla, è servita la legge 96 del 2012, che in epoca Enrico Letta aveva stabilito come, dal 2015 al 2017, il pagamento dovesse avvenire solo in seguito a controlli preventivi sui rendiconti a opera di un’apposita Commissione di garanzia e di controllo ospitata dalla Camera. «Un’altra presa in giro», sostiene Fraccaro, denunciando lo stratosferico «conflitto di interessi della Camera»: «Siamo di fronte a un abuso di posizione dominante, con i partiti che si spartiscono i soldi dei contribuenti per pagarsi la prossima campagna elettorale a discapito delle forze politiche che rinunciano al finanziamento e dovono competere con chi dispone liberamente di milioni di soldi pubblici».

GOVERNATORI IN LISTA Senza nessun controllo, oltretutto. I cinque magistrati che fanno parte della Commissione, obbedendo ora alla “sanatoria Boccadutri”, si stanno limitando a stilare una relazione «basata su un semplice esame formale dei bilanci 2013», spiega Fraccaro, «cioè senza poter controllare se le spese riportate sono state effettivamente sostenute oppure no. Uno scandalo». La relazione verrà consegnata all’ufficio di presidenza entro lunedì 30 novembre e nel giro di poche ore i finanziamenti verranno erogato a una cinquantina di partiti, tra cui Pd e Pdl faranno la parte del leone, portando a casa 12 milioni, mentre il Movimento 5 Stelle conferma che continuerà a rifiutare la sua quota, pari a 5,6 milioni. A dividersi le briciole ci sarà poi una giungla di sigle, da quelle note (Idv,18 mila euro; Grande Sud, 62 mila; La Destra, 25 mila; Partito Pensionati, 13.455) alle semi-sconosciute (la valdostana Alpe, 2.271 euro; Unione sudamerica emigrati italiani, 4.823 euro; Insieme per gli italiani, 529 euro), passando per le liste personali dei candidati governatori del 2013: 100 mila euro al Patto Civico per Ambrosoli e altrettanti al Megafono di Crocetta, 36 mila a Zingaretti Presidente, 12.300 alla lista Storace, 146 mila a quella di Maroni, 12.451 per Pittella, per finire coi 420 euro ai “Cittadini per Deborah Serracchiani presidente”.

POLITICA DROGATA Sarà l’ufficio di presidenza, materialmente, a votare l’erogazione di tutti questi contribuiti. E qui, avverte Fraccaro, sta il rischio giudiziario per chi prenderà parte al voto: «L’ufficio agisce come semplice ente pagatore. Perciò ricordo ai suoi membri che non sono coperti da nessun tipo di immunità nel caso in cui il pagamento dei rimborsi elettorali si rivelasse illegittimo e incostituzionale come sostiene Giulietto Chiesa nella sua diffida, cui sono pronto ad associarmi».Secondo l’avvocato di Chiesa, Francesco Paola, «siamo di fronte a una violazione dei diritti politici essenziali» dei cittadini e dei movimenti che si trovano a doversi muovere, in condizioni svantaggiate, in un panorama politico “drogato” dove pochi partiti, grazie ai soldi pubblici che loro stessi decidono in che modo auto-liquidarsi, si sono creati una posizione dominante e la difendono con le unghie e con i denti. I soldi dei cittadini, in pratica, vengono usati per alterare la par condicio politico-elettorale e violare il diritto comunitario in materia di affidamento dei fondi pubblici. «Non siamo davanti a una semplice questione di soldi, qui sono in gioco i diritti politici dei cittadini», conclude Fraccaro. «E per difenderli il Movimento 5 Stelle è pronto a ogni tipo di iniziativa dal punto di vista giudiziario».

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