‘The Visit’, nuovo thriller di Night Shyamalan, l’avventura preistorica Disney Pixar ‘Il Viaggio di Arlo’, il fantasy italiano ‘Fantasticherie di un passeggiatore solitario’ e la satira belga ‘Dio esiste e vive a Bruxelles’. Sono quattro dei nuovi film in arrivo in questi giorni. Sogni, incubi, fiabe e realtà alterate per una scorpacciata di fantasia

In tempi di attentati, blitz e terrorismo parlare di Belgio non è facile, ma Jaco Van Dormael, in maniera del tutto casuale e temperando un’atmosfera appesantita, riesce a far sorridere, e non solo, con la black-comedy che non t’aspetti. Dio esiste e vive a Bruxelles, un padre di famiglia sciatto e perdigiorno si diletta ad affannare i suoi bambolotti, gli uomini, dal suo pc onnipotente. Dio in persona, interpretato da un Benoit Poelvoorde magistralmente corrosivo, è un iroso omuncolo in ciabatte, in contrasto con la figlia di 10 anni. Umanizzare il divino, svuotare di senso l’esistenza umana riempiendo un’originale borraccia di trovate pungolatrici (comprese quelle per il personaggio di Catherine Deneuve) mostra una straordinaria capacità di narrare smontando la fede senza colpirla. Una pensata irriverente che offrirà risposte personalizzate l’ha fatta I Wonder Pictures, distribuzione promotrice di uno stalking autorizzato a Lui in persona. Sì, perché salvando su WhatsApp il 3487244528 si può messaggiare proprio con Dio. E il bello è che risponde davvero.

Da una famiglia divina a una maledetta (e a tratti anche maledettamente divertente) si arriva a The Visit. Ha ambizioni da horror, più vacuo che vacui per la verità, l’ultimo lavoro di mister Sesto Senso Night Shyamalan. Un’adolescente e il suo fratellino passano una settimana nella casa dei nonni, in campagna, da anni tenuti a distanza dalla madre per misteriosi motivi. La convivenza rivelerà inquietanti, quando non disgustose, abitudini degli anziani, tutto sotto il doppio occhio soggettivo delle telecamere dei ragazzi. Bizzarro, e dove tutto può succedere, il film si guarda con curiosità fino alla fine, tra alti e bassi. La pulizia formale del regista eccede nelle riprese a mano dei protagonisti e il mood porta più spesso alla risata che al brivido, palesando già parodie impietose. Però ottimo cast: da seguire è il disfacimento psichico della nonna, una grande Deanna Dunagan.

Se una famiglia fosse composta, invece, da due brontosauri con i loro tre cuccioli in un cartoon dagli ambienti iperrealisti? Non solo. Qui i rettili sono operosi contadini e allevatori, mentre l’uomo involve a una specie di cagnaccio selvatico senza parola. Il Viaggio di Arlo capovolge il rapporto uomo/animale mettendo un mini Mowgli indomito e aggressivo al fianco di Arlo, dinosauro gracile e pauroso. La Disney Pixar imbastisce una storia dall’impianto alla Bambi e calca sulla formazione morale a tinte lacrimose. Latita la linea comica che percorre ogni lungometraggio di casa Lasseter, tranne alcuni momenti molto spassosi, tra triceratopi e T-Rex. Grande poesia d’immagine viene fuori nelle scene con le lucciole e quelle con i ceppi utilizzati per raffigurare la famiglia. Con i temi d’amicizia, perdono e crescita Arlo punta al pubblico giovanissimo nelle settimane che precedono il big-one Star Wars, film di punta della casa americana limitato negli Usa dal divieto ai minori di 13 anni non accompagnati. Una segmentazione da manuale.

La realtà si capovolge in altro modo nell’esordio di Paolo Gaudio, Fantasticherie di un passeggiatore solitario. Letteralmente, come in una magnifica sequenza tra il bosco letterario ribaltato in stop-motion e la penna del suo autore. Tre piani narrativi: uno scrittore ottocentesco, Luca Lionello; il suo personaggio, un ragazzo di plastilina sperduto nel suo bosco esistenziale; un vorace lettore a caccia di racconti incompiuti. La narrazione si aggroviglia sui tre mondi con non-convenzionalità, sposando estetiche kitch impolverate da memorabilia e atmosfere claustrofobiche. Molte buone idee, anche premi nei festival, ma la messa in scena non respira abbastanza coi tempi, bruciando troppo in fretta diversi momenti chiave per la resa visiva come pure i dialoghi. Prova ne è un minutaggio troppo breve (meno di un’ora e mezza) per una tale quantità narrativa. Cast modesto (tranne Lionello e Angelique Cavallari) ma talento visionario e coraggioso per il regista di una vera novità di genere, ossigeno nel nostro mercato. Provaci ancora Paolo.

Articolo Precedente

Torino Film festival 2015: si ride con il film Moonwalkers, ricostruzione splatter dell’allunaggio del 1969, con un finto Kubrick

next
Articolo Successivo

Torino Film Festival 2015, Elisabetta Sgarbi presenta ‘Colpa di comunismo’: storia di tre donne rumene in cerca di lavoro

next