Il sesso, l’ipocrisia, la mafia e la poesia. L’Italia del cinema al secondo giorno del 33mo Torino Film Festival parla di questo. Registri e registi naturalmente diversi per realtà umane (il sesso, la poesia) e disumanizzanti (la mafia, l’ipocrisia) inseriti in sezioni e generi assai differenti.

Sul sesso si concentra Davide Ferrario, bergamasco di nascita ma torinese d’adozione, che affascinato dal balletto Sexx di Matteo Levaggi ha voluto confezionarne un docufilm ad alto livello ipnotico. Tre coppie di ballerini nudi al 99% simulano desideri e atti sessuali su un palcoscenico dove la videocamera di Ferrario interagisce con maestria e intensità. E non è leggenda che il film di Ferrario lo voglia vedere anche Madonna, in questi giorni a Torino per la triade di concerti. “Glielo faremo avere domani, incontrando la sua agente” annuncia il coreografo Levaggi con una certa soddisfazione. Sfidando ogni censura del cattolico perbenismo peninsulare, Sexx uscirà anche nelle sale prossimamente per la Nexo Digital.

Nei cinema invece già dal prossimo giovedì (26 novembre) sarà La felicità è un sistema complesso di Gianni Zanasi, con un Valerio Mastandrea mattatore al 360 gradi presente nel capoluogo piemontese anche in veste di giurato del concorso ufficiale. Commedia amara e lunare che racconta delle pochezze etiche dei nostri tempi, La felicità è un sistema complesso (fuori concorso) mostra le gesta dell’idealista Enrico Giusti (Mastandrea) che come professione cerca di convincere i dirigenti incompetenti a dimettersi onde evitare di rovinare aziende che altrimenti fallirebbero creando diversi disoccupati. Nel film in questione, Giusti interviene in una famiglia di ricchi e nordici imprenditori in cui i giovanissimi figli restano improvvisamente orfani dei genitori per un incidente. Il CdA affronta le buone intenzioni dei ragazzi confondendo il bene col male nel nome di un Capitalismo di rara portata. Nel cast accanto all’attore romano recitano Giuseppe Battiston e l’israeliana Hadas Yaron, già formidabile Coppa Volpi alla Mostra di Venezia nel 2012 con La sposa promessa. Purtroppo quest’ultima commedia di Zanasi non è riuscita quanto altri titoli della sua interessante filmografia (pensiamo all’ottimo Non pensarci) ma di essa si apprezza una sincerità profonda che nel cinema non è mai scontata.

Spostandoci nella Palermo “mafiosa”, per scrivere e dirigere Lo scambio il documentarista siciliano Salvo Cuccia ha deciso di virare alla finzione, seppur ispirata a reali fatti criminali accaduti a metà anni ’90 ottenuti da un’intervista al magistrato Alfonso Sabella. Nel suo dramma (troppo) formalistico i piani narrativi si intrecciano senza soluzione di continuità cercando di mostrare una criminalità celata dietro una “silenziosa e asettica normalità”. Sul racconto prevalgono le atmosfere, a discapito di un ritmo praticamente inesistente.

Di ritmo poetico ne ha invece fin troppo Antonia, elegia in cinema dedicata alla compianta poetessa-filosofa-fotografa milanese Antonia Pozzi, vissuta tra il 1912 e il 1938 quando si suicidò sul prato innevato di Chiaravalle a soli 26 anni. Profetessa del suo tempo, non vi seppe resistere perché già “oltre” con una mentalità che nessuno sapeva comprendere. Non a caso “il racconto della sua morte equivale a quello della sua vita: così come è vissuta se n’è andata, con sovrumana coerenza dentro a un messaggio poetico/esistenziale di attualità disarmante” spiega il giovane regista esordiente Ferdinando Cito Filomarino. Il suo film, che ha concorso al Festival di Karlovy Vari lo scorso giugno, è prodotto da Luca Guadagnino e sarà prossimamente nelle sale per Good Films.

Articolo Precedente

Roma, in periferia con il Cinema America l’anteprima di Mastandrea

next
Articolo Successivo

Dio esiste e vive a Bruxelles, il film belga che mette in scena il Cristianesimo: “Con Allah non avremmo potuto farlo”

next