Il lavaggio del cervello lo si immagina come nelle scene di Arancia Meccanica. Sequenze traumatiche e violente proiettate ossessivamente su uno schermo incombente alla vittima legata ad una specie di sedia elettrica. Neanche per sogno. In realtà il lavaggio del cervello è un’esperienza resa immensamente piacevole, che lascia la vittima in preda ad un’estasi e ad un afflato di fratellanza e giustizia universale. Esiste infatti un immenso repertorio di metodi diretti o subliminali per indurre i sudditi ad agire contro i propri interessi.

Un esempio curioso riguarda le imposte sul reddito negli Usa. Per convincere gli americani non evadere e sostenere lo sforzo bellico, nel 1943 il governo arruolò il personaggio cinematografico più popolare del tempo: Paperino. Fu prodotto un cartone animato che fece epoca e riuscì perfettamente nell’intento di far accettare agli Americani l’imposizione facendo leva sui riflessi condizionati dell’amor patrio, della mistica guerriera e del nemico alle porte.

Il cartone animato fu proposto per l’Oscar, perché forse Hollywood ne intuì la portata innovativa per i destini dell’industria cinematografica e l’influenza che poteva derivarne (anche se in ritardo rispetto a Leni Riefenstahl). Il noto aforisma secondo cui la prima vittima della guerra è la verità non si applica solo ai bollettini dal fronte o al gradimento del rancio e a dirla tutta al giorno d’oggi non è nemmeno necessaria la guerra.

Non appena l’apparato burocratico nel XX secolo si è reso conto del potere persuasivo (soprattutto in periodi di emergenza) dei messaggio ripetitivi veicolati alle masse si è aperto un vaso di Pandora da cui hanno preso a soffiare potentissimi venti di mistificazioni. I Minculpop di ogni regime, epoca e latitudine con il tempo hanno affinato ed esteso le tecniche, ma la sceneggiatura di base è consolidata.

Di solito si individua il problema che l’opinione pubblica percepisce come più esecrabile, incombente ed esiziale e si sfrutta come candeggina per neuroni. Dalla pedofilia al terrorismo, dall’evasione fiscale alla “speculazione”, dalla crisi energetica all’immigrazione non manca mai materiale fresco.

Per gli adulti su cui Paperino non fa presa, come detersivo da cerebro si ricorre ad immagini inquietanti: ad esempio l’evasore fiscale dalla barba incolta e lo sguardo torvo della Pubblicità Progresso. Mai un volta che i pubblicitari di Stato mostrino ai paperopolesi un burocrate con l’aria squallida pretendere mazzette, oppure un politico di mezza tacca intento ad assumere nelle municipalizzate parenti e sodali, o magari un giudice che impiega dieci anni per una sentenza o al limite una riunione di partito dove si spartiscono le nomine alle Asl.

Ecco come si arriva a far accettare alla gente un settore pubblico inefficiente e autoritario che ingoia direttamente il 50% delle risorse ed un altro 20% attraverso banche, società fintamente private – come Eni, Enel, Finmeccanica – municipalizzate, Cassa Depositi e Prestiti, Ong di facciata e quant’altro. E clamorosamente, nonostante questa elementare verità, una maggioranza della popolazione è convinta che una sinistra cappa di neo-liberismo (qualunque cosa si intenda con questa non meglio specificata etichetta) avvolga l’Italia.

Ecco come si arriva a far accettare che l’Agenzia delle Entrate faccia accertamenti farlocchi, con dirigenti nominati illeggittimamente, ma per ricorrere in giudizio richieda un terzo di quanto preteso, cioè operi in base al principio medioevale del solve et repete senza che nessuno (neanche tra i legaioli) osi fiatare.

Ecco come si arriva a far accettare che tutti i pagamenti bancari di ogni singolo cittadino o impresa venga registrato ed inviato in una banca dati del governo come nemmeno Orwell aveva immaginato.

Ecco come si arriva a far ad accettare che l’uso del contante diventi esecrabile (chissà perché in America nessuno se ne preoccupi) in modo che quando ci sarà da espropriare i vostri risparmi il ministro potrà ordinarlo comodamente dalla sua scrivania con un click del mouse.

Ecco come mai si viola senza alcuna conseguenza l’obbligo di bilancio pubblico in pareggio, scritto nero su bianco nella Costituzione sin dal 1948 e rafforzato nel 2012, per eliminare ogni ambiguità, con una modifica votata a stragrande maggioranza.

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