lemon lightsRitrovarsi davanti a un pc con l’intento di scrivere un libro e finire per comporre musica buona da inciderci un disco. Alessio Corasaniti, in arte Lemon Lights, voleva raccontare la vita di un uomo che ogni sera monta e smonta scritte al neon per lavoro, e intitolarlo Neon Lights, ma è bastato un attimo per passare dalla tastiera alla console. E dalle parole alla musica. Quella di Empty Space, titolo del suo primo album solista, sei brani dalle sonorità elettroniche e dai ritmi scuri e claustrofobici. Una strana alchimia, incrocio di impulsi difficili da sintetizzare, un mix di rabbia e dolcezza imprigionati dalla paura di esprimere palesemente le proprie emozioni. “È Londra che mi ha ispirato questo disco – racconta –. L’ho pensato come un concept sul ‘non luogo’. La prima traccia Instant mi ha dato la scossa per prendere confidenza col sound che volevo creare”. Gli altri brani invece sono nati in studio a Roma o ispirati dalle notti insonni trascorse per le strade londinesi. “Seppur l’intenzione era quella di scrivere un libro, mi sono reso conto che avevo bisogno di esprimere le mie impressioni e sensazioni in musica. Immaginare di danzare di fronte al mare osservando l’orizzonte, e comprendere che il mondo altro non è che un’enorme catena destinata ad andare a fondo, portando con sé ogni piccolo dettaglio. A quel punto mi era chiaro il concept: riflettere e danzare”.

Girando il video del tuo brano Dance there upon the shore, Alessandra Perna, cantante e bassista della band Luminal, negli inediti panni di regista, prova a raccontare la musica di Lemon Lights: a noi però piacerebbe che fossi tu a parlare di te e di questo disco d’esordio.
Quello che avrebbe dovuto essere un libro improvvisamente è diventato un disco. Sono romano e qualcuno ricorderà anche una vecchia canzone di Antonello Venditti, Lo stambecco ferito, che parla di ‘fari al limone che attraversano il buio’. Ecco, il mio nome d’arte deriva anche da questo. Empty Space è un disco molto importante per me: pur non essendo il classico album da 10/11 tracce, ho scelto sei brani in particolare che avevo scritto durante un periodo trascorso a Londra. E’ lì che ho iniziato ad avere le prime idee per questo disco, ho pensato a un concept sul “non luogo” e l’ho portato avanti.

Qual è il tuo background artistico?
Lemon Lights è l’ultimo dei miei progetti. Con i Granada, la mia band alternative-rock, avevo già inciso un ep e adesso siamo al lavoro per il nostro primo disco. Questo progetto solista è nato invece perché avevo bisogno di intimità nella musica. E’ stato bello quando all’inizio ho pensato a come potevo far suonare il tutto; si tratta proprio d’ inventarsi in base alle proprie capacità musicali e mentali. E’ molto bello, davvero. Perciò amo la musica elettronica, mi dà modo di creare sonorità intense e di esprimere fino in fondo ogni mio pensiero introspettivo.

Mi parli delle canzoni che compongono Empty Space?
La prima traccia Instant mi ha dato quella scossa giusta per prendere confidenza con il tipo di sound che volevo realizzare. Forgetting Human Words, il secondo brano, è nato mentre mi trovavo ad Hyde Park dopo una notte passata a camminare per le strade londinesi. Era un orario talmente improponibile che ho acceso il computer portatile e mi sono messo a suonare fino all’alba. I Will Follow l’ho scritta a Roma nel mio studio quando ero appena tornato. Avevo voglia di ritrovarmi di nuovo in un posto freddo e solitario. Ho pensato così che un ritmo scuro e claustrofobico poteva darmi quello che volevo. Appena mi sono messo a lavorare ho cominciato ad avvertire una gran voglia di chiudere il disco. Dance There Upon The Shore e, aggiungerei anche What need have you to care… sono titoli tributo a uno dei miei versi preferiti di W. B. Yeats. See You è stata scritta una sera insieme a dei miei amici. E’ sicuramente la canzone più istintiva dell’album. Ley, uno dei miei amici presenti alle sessioni di registrazione, ha inciso la voce ed è stato subito amore. A Long Distance è la canzone perfetta per viaggiare: la lunga distanza è proprio quella che c’è fra il mondo reale e la nostra testa. La stessa cosa succede quando ci innamoriamo di qualcuno. Pensiamo troppo e non vediamo mai invece la realtà dei fatti, perché scegliamo di non vedere. Quando l’amore è distante può succedere di tutto, la cosa più importante è provare amore per se stessi.

Qual è la tua filosofia di vita applicata alla musica?
La filosofia di vita applicata alla musica è lo specchio di ciò che sei. “In campo come nella vita” dicono nello sport. Scegliere un percorso artistico significa avere tante responsabilità. Bisogna essere pronti ad affrontare tante delusioni e piccole gioie. Non è assolutamente facile… Nulla nella vita è semplice. La cosa più importante è fare la scelta giusta in base a come sei e a come vorresti vivere nel mondo.

Quali sono le tue influenze musicali?
Ascolto davvero tantissima musica. Non mi fermo mai a un genere in particolare, mi piace spaziare dall’elettronica ambient alla musica da club, passando per l’IDM e la techno. Sono molto appassionato anche di colonne sonore, spesso passo le nottate a vedere film su film e mi capita di scoprire molti compositori fra questi Graeme Revell, Hans Zimmer, ma anche il grande Ennio Morricone. Anche il vecchio negozio di dischi di fiducia, con il suo meraviglioso scaffale dell’usato, mi ha dato tanto. Poi ci sono artisti che stimo in maniera particolare come Jon Hopkins, Apparat, Clark, David Lynch e Sun Glitters con il quale ho avuto l’onore di collaborare.

Cosa ne pensi del panorama musicale italiano attuale?
Penso che nel panorama musicale attuale in Italia ci siano tanti artisti e ancora tante cose da dire. Attualmente seguo molto i Luminal, una delle band più forti al momento e gli Stearica con il loro sound math-noise-pazzo che adoro. Questo è per quanto riguarda la scena non elettronica. Nella “plastic music” made in Italy mi è capitato di scoprire bei progetti e conoscere belle persone come gli Aucan, Vaghe Stelle, Diverting Duo, Osc2x, NON, Luskaet, Shmnrgrs, Frnkbrt e Rome In Reverse. Tanta bella musica che secondo me dovrebbe uscir fuori di più perché merita davvero l’ascolto e l’approfondimento.

Parteciperesti a un talent?
La risposta è no. Sarò sintetico e pessimista, ma penso che il talent al giorno d’oggi è solo un modo per avere visibilità, anche superficiale secondo me. Un artista va scoperto a fondo, la musica non è una cover reinterpretata in 5 minuti davanti a una telecamera. C’è molto di più e questi programmi come X Factor ecc… Non lo fanno vedere. Rispetto chi partecipa e ripeto, è un ottimo modo per mostrarsi a un pubblico più vasto attraverso la televisione. Finisce qui, non vedo futuro in questo. Mi sembra solo un modo di rincorrere un successo commerciale che poi diventa effimero.

Quali sono le tue ambizioni?
La mia più grande ambizione è fare del bene con la mia musica. Trasmettere. Per il resto credo nel caso e nella libera espressione. Può succedere tutto e non succedere nulla. Lavoro ogni giorno in studio e spero che quello che esce fuori quando sono solo possa in qualche modo riempire i cuori delle persone che ascoltano. E’ quello che vuole davvero ogni artista, in fondo. Ogni ascoltatore mi accompagna, e io lo accompagno. Empty Space finora rappresenta la mia soddisfazione più grande perché racchiude all’interno i momenti belli e brutti che ho vissuto fino ad oggi. Con questo disco ho capito cosa vuol dire esistere. Ora è solo l’inizio, sto lavorando già al prossimo disco e non vedo l’ora di fare esperienza nella vita. Perché la musica è vita.

Bella la collaborazione fra musicisti che si uniscono in nome dell’arte: come giudichi Alessandra Perna in veste di regista di videoclip?
Il video di Dance There Upon The Shore è stata una magnifica esperienza. Alessandra è stata bravissima a incanalare tutte le sensazioni provate attraverso l’ascolto del brano in più personaggi. Nel video ci sono diverse situazioni di vita parallele. Dal fallimento all’ insicurezza dell’essere, dalla paura alla coscienza del nulla. Il giorno delle riprese non lo dimenticherò mai, è stato un lavoro davvero introspettivo e serio, con i pochi mezzi che avevamo a disposizione e tanta buona volontà siamo riusciti insieme a girare un video. Ci tengo ancora a ringraziare i miei amici Lorenzo Ferrillo che con il suo occhio prezioso ha reso reale ogni visione immaginaria di Alessandra, che oltre ad avermi fatto recitare, cosa non semplice, ha avuto far vedere soprattutto il disagio dei giovani che si sentono perduti, soli, senza via d’uscita, appunto. Carlo Martinelli e Virginia Della Casa hanno interpretato in maniera impeccabile i due protagonisti.

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