In principio è De Luca. Ma la vicenda del presidente della Campania sembra solo un pretesto. Un modo per Andrea Orlando – ministro della Giustizia, uno dei capicorrente dei Giovani Turchi, gli ex giovani di sinistra diventati renziani dopo aver sostenuto Gianni Cuperlo – per cominciare ad alzare un po’ più la voce, dopo la lealtà di questo anno e mezzo. Ma Orlando non dice solo che lui Vincenzo De Luca in Campania non l’avrebbe sostenuto. Ma anche che sul tetto dei contanti innalzato a 3mila euro non era d’accordo, che il Ponte sullo Stretto non è la priorità, che il Pd va cambiato “profondamente” e soprattutto – e appare il colpo più deciso – il “progetto” del Partito democratico “non può essere l’offerta che sul mercato ha più successo”. Una visione del mondo che si scosta un po’ da quella fornita dal presidente del Consiglio Matteo Renzi nelle ultime settimane.

Certo, l’intervista di Orlando al Corriere.it è piena di contrappesi, di “ma anche”, per dirla con il dizionario di Walter Veltroni (e d’altra parte il ministro è stato anche veltroniano, un tempo). Per esempio sul governatore campano il ministro guardasigilli afferma: “In Campania avrei sostenuto un altro candidato, ma De Luca ha vinto le primarie”, precisando comunque che De Luca è “portatore di un buon governo”. Di contro, tuttavia, le primarie secondo Orlando “se sono l’unico strumento di un partito sono insufficienti e rischiano di creare delle distorsioni” e “non possono essere una procedura che traccia la visione politica di un partito”. Orlando è ex commissario del Pd a Napoli – Bersani ce lo mandò dopo i brogli alle primarie del capoluogo prima delle elezioni poi vinte da De Magistris – e dice quindi di conoscere “la Campania e la turbolenza di quella realtà”. Per questo, sottolinea, “se azzardassi ipotesi sarei avventato. La scelta più ragionevole è attendere gli sviluppi della vicenda per poter dare un giudizio anche sotto il punto di vista politico”. Ad ogni modo un “tagliando” alla legge Severino “è sempre necessario. Che ne emerga un’esigenza estrema dalle vicende in corso, no: la valutazione non va fatta solo guardando i casi che vanno in cronaca, ma anche analizzando statistiche alle mani”.

Il ministro però nega un paragone tra la vicenda De Luca e quella che ha travolto l’ex sindaco di Roma, Ignazio Marino. “La vicenda Marino – ricorda – non nasce dall’accusa di peculato, quella è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Questa è la lettura del partito. Non è mai stato utilizzato un metro di giudizio in merito agli avvisi di garanzia, che fino a qualche tempo fa erano considerati uno strumento di tutela dell’indagato”.

Ma il confronto con la linea ufficiale è anche su altri temi. Il primo: “Non è che siccome si è alzato il tetto del contante, ci si è spostati a destra, con Prodi il tetto era più alto ma nessuno lo ha accusato di essere più a destra di Berlusconi. Credo che alzarlo renda più difficile la tracciabilità: la penso come Dario Franceschini, ma ci sono state diverse discussioni, su questo punto mantengo delle riserve ma mantengo il mio giudizio positivo sulla legge di Stabilità”. Il secondo, il ponte sullo Stretto: “Bisogna prima arrivare a capire come ci si arriva allo Stretto. Avevamo sostenuto all’epoca quello che vale ancora oggi: non è una priorità, ce ne sono altre. Se il Ponte sullo Stretto domani sarà una cosa realizzabile, ad oggi è molto difficile arrivare a Reggio Calabria, e quindi meglio prima capire come ci si arriva”. Che non è una priorità l’avevano detto, ad onor di cronaca, sia Renzi sia il ministro per le Infrastrutture Graziano Delrio i quali però avevano ricordato tra le opere da fare prima le operazioni per ripristinare il servizio idrico a Messina “i depuratori, le bonifiche, investito 2 miliardi per le strade e ferrovie, portato l’Alta velocità anche in Sicilia“.

E poi c’è il partito. Per Orlando “stiamo cambiando profondamente il Paese ma abbiamo bisogno di spiegare alcune cose, comprenderne altre, quindi dobbiamo cambiare profondamente anche il partito: non so se attraverso la strutturazione degli apparati, ma anche rivedendo alcune formule della vecchia organizzazione”. “Il compito di un partito – prosegue – è raccogliere il senso comune in un Paese e rappresentarlo o avere un progetto tenendo conto senso del paese”. Secondo il ministro, insomma, “il progetto non può essere l’offerta che sul mercato ha più successo”. Quando dall’altra parte c’è chi tifa per un “partito della Nazione”.

E poi Orlando non rinuncia a sottolineare una certa “nettezza” su temi delicati per la maggioranza, per via della presenza del Nuovo Centrodestra, dell’Udc e – anche se non formalmente – dei nuovi arrivati verdiniani. Per esempio, le intercettazioni. “Ci è stato chiesto molte volte di estendere gli strumenti della lotta alla mafia alla corruzione. Da oggi in poi sarà così” dice il Guardasigilli. “Lo stesso ragionamento lo abbiamo fatto sulle intercettazioni – spiega – Stiamo puntando al rafforzamento dello strumento di indagine, quello che vogliamo fare è che sia usato per l’indagine e non finalità diverse – Non vogliamo pregiudicare la capacità di indagine né mettere in galera i giornalisti, ma far sì che nei fascicoli vada ciò che concerne l’attività processuale e nient’altro. Si scriva quel che serve, e non di più”. E poi le unioni civili, il punto su cui, forse solo come casus belli, si basano le dimissioni di Gaetano Quagliariello da coordinatore dell’Ncd e della prossima fuoriuscita dal partito di Andrea Augello e Carlo Giovanardi. La legge sulle unioni civili, rileva Orlando, nasce da “una esigenza politica e dal riconoscimento di processi che si sono affermati nella società, riconoscimenti che possono avere carattere trasversale e che mi auguro venga affrontato all’indomani della legge della stabilità, anche entro l’anno”.

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