Nella conferenza stampa in cui il De Luca “offeso” ha rivendicato la sua estraneità e la sua indignazione per il coinvolgimento nell’inchiesta della procura di Roma dove è indagato per concorso in concussione per induzione, ha usato al meglio il repertorio “retorico” che ha consentito a Crozza la nota e impareggiabile imitazione. Usando l’irrinunciabile plurale maiestatis il governatore, già candidato contro la previsione di una legge vigente e attualmente in carica grazie all’esito favorevole del suo ricorso contro la stessa legge Severino di cui la Consulta ha peraltro riconfermato la costituzionalità, ha tuonato che “combatteremo in maniera ferma chi vuole gettare ombre su di noi”.

Ma in conferenza stampa ha anche voluto ribadire con una magistrale sottolineatura sarcastica e irridente che ha suscitato l’ilarità della platea, il rinnovato “sostegno alla magistratura e al suo operato”, facendo ricorso al “training autogeno”. Ancora una volta anche se in modo più soft, è ormai una sua conclamata specialità, è riuscito a far ridere o sorridere come spesso avviene quando offende e ridicolizza con intenti più o meno intimidatori la presidente di una Commissione parlamentare, i giornalisti scomodi, le tv sgradite.

Vincenzo De Luca ha convocato la conferenza stampa per dichiararsi con determinazione “parte lesa” in una vicenda giudiziaria ancora da dipanare in cui si ipotizza, grazie alle demonizzate intercettazioni, la minaccia di una sentenza per lui sfavorevole qualora non si fosse verificata la nomina nella sanità campana del marito della relatrice all’interno collegio giudicante che ha consentito al governatore di rimanere al suo posto.

I reati ipotizzati a carico dei sette coinvolti, tra cui il capo di gabinetto di De Luca nonché responsabile del Pd campano che si era frettolosamente dimesso da tale carica per motivi “personali” poche ora prima, sono particolarmente gravi e disgustosi e dovranno essere provati.

Ma per quanto riguarda De Luca che, è bene ricordarlo, era già incandidabile per una condanna in primo grado per abuso d’ufficio in qualità di sindaco a Salerno, e cioè niente di lontanamente accostabile al “caso De Magistris”, essere da governatore coinvolto insieme al suo uomo di fiducia in una vicenda di corruzione giudiziaria è politicamente insostenibile e devastante per il Pd. E sarebbe bastato denunciare la minaccia ipotizzata per essere totalmente estraneo ad una vicenda giudiziaria di cui peraltro De Luca era a conoscenza prima di quanto ha dichiarato in conferenza stampa.

Come ha chiaramente lasciato intendere De Luca, che non si è dimesso da sindaco quando era sottosegretario alle Infrastrutture, non ha la minima intenzione di fare un passo indietro e trascinerà il Pd semi-silente che lascia trapelare “rinnovata fiducia” nella sua parabola personale fino alle estreme conclusioni.

La rottamazione con ludibrio di Ignazio Marino con la scusa dell’avviso di garanzia per il pasticcio degli scontrini è di pochi giorni fa e l’operazione di rimozione collettiva non è ancora riuscita, nonostante la mobilitazione in atto. Per Renzi, che quantomeno da segretario avrebbe già dovuto essere commissariato per la sopravvivenza del suo partito, non sarà facile dar da bere ai suoi elettori, anche ai più distratti, che Marino era il marziano impazzito da eliminare per la salvezza di Roma mentre De Luca era ed è il migliore dei governatori possibili per la Campania.

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