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Il coro della Cappella Sistina si esibisce al Teatro dell’Opera di Firenze: “Giornata storica”

Dopo aver ospitato il Santo Padre, il capoluogo toscano ha accolto presso la propria maggiore istituzione teatrale la più antica istituzione corale al mondo, attualmente diretta dal Monsignor Massimo Palombella. Tra le opere protagoniste del concerto il Magnificat e il Miserere

di Fabrizio Basciano

Avere l’occasione di ascoltare il coro della Cappella musicale pontificia sistina è già di per sé evento assai raro: ascoltarlo poi in ambiente non ecclesiastico lo è ancor di più. Diretto dal Monsignor Massimo Palombella, il coro della Cappella Sistina si è esibito martedì 10 novembre presso il Teatro dell’Opera di Firenze, al termine di una giornata definita, in calce al concerto, “storica” dal sindaco Nardella.

Dopo aver ospitato infatti il Santo Padre, il capoluogo toscano ha accolto presso la propria maggiore istituzione teatrale la più antica istituzione corale al mondo. Reduci dalla loro primissima volta in Cina, Mons. Palombella e il suo coro hanno eseguito, grossomodo, lo stesso repertorio contenuto nel cd pubblicato da Deutsche Grammophon nel mese di settembre scorso. Il disco si chiama “Cantate Domino“, ossia il primo cd registrato all’interno della Cappella Sistina, sotto dunque la volta di Michelangelo e gli affreschi di Perugino, Pinturicchio, Signorelli, Ghirlandaio e Botticelli. Appena dopo il canto gregoriano “Rorate, caeli, desuper“, eseguito dalle sole voci adulte del coro papale, il concerto è proseguito con un programma che a definirlo ricco si rischierebbe di sminuirlo.

Con un salto temporale di qualche secolo, dal Medioevo ci si sposta in pieno Rinascimento, con un autore, Giovanni Pierluigi da Palestrina, la cui sconfinata opera musicale rappresenta la più alta espressione della polifonia sacra rinascimentale. “Ad te levavi“, “Super flumina Babylonis”, “Adoramus te, Christe“, “Sicut cervus” e “Tu es Petrus” sono i brani firmati da Palestrina ed eseguiti lungo il corso del concerto insieme ad altre importantissime pietre miliari della polifonia sacra rinascimentale: allo splendido “Magnificat” di Orlando di Lasso si affiancano il “Christus factus est” di Felice Anerio e il celeberrimo “Miserere” di Gregorio Allegri. Oltre infatti alla sua magnificenza musicale, il Miserere deve inoltre la sua fama ad alcune circostanze venutesi a creare in occasione della partecipazione, nel 1770, di Wolfgang Amadeus Mozart ad un concerto a Roma della Cappella Pontificia Sistina. “A Roma – raccontava il padre di Wolfgang Amadeus, Leopold Mozart – si sente spesso parlare del famoso Miserere, tenuto in tanta considerazione che ai musicisti della cappella è stato proibito, sotto minaccia di scomunica, di portarne fuori anche una sola parte, copiarlo o darlo a chicchessia. Noi però l’abbiamo già, Wolfgang l’ha trascritto a memoria”. Da allora, dopo l’avvento del genio musicale salisburghese, la minaccia di scomunica fu tolta e l’opera Allegri iniziò a circolare liberamente in tutta Europa.

Il gesto direttoriale di Mons. Palombella è ricco, ricchissimo di sfumature espressive, le più varie, quasi che le indicazioni da dare al suo coro facciano parte di un’enciclopedia gestuale dalle oceaniche proporzioni. Sembrano già lontani i tempi delle aperte critiche per la nomina dell’attuale direttore del coro personale del Papa da parte di più fronti, a partire dal pianista Alessandro Taverna e a finire con Mons. Pablo Colino, Maestro emerito del coro della Cappella Giulia: “Riguardo all’intonazione – dichiarava Alessandro Taverna qualche tempo dopo la nomina di Palombella – non si vede alcun progresso, ma piuttosto una generalizzata e inarrestabile involuzione, con un ulteriore difetto che molto spesso si avverte, e cioè che si sentono i cantori urlare”.

Nulla di tutto ciò per fortuna ha avuto luogo durante il concerto tenutosi ieri sera, nel corso del quale in più di un brano si è potuto assistere a effetti di spazializzazione del suono: sia nel Magnificat che nel Miserere alcuni cantori hanno lasciato il resto del coro per posizionarsi in platea, in punti dai quali, secondo una logica responsoriale, hanno alternato i propri canti a quelli del coro centrale. Un’occasione nel corso della quale il pubblico ha saputo accogliere il suono del coro sistino in grande silenzio, riservando solo al termine di tutto il concerto un sentito applauso di ringraziamento.

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