Spesso lontano dalle immagini di propaganda dello Stato Islamico, il volto sempre nascosto, sfocato dagli effetti della postproduzione video, e un passato quasi sconosciuto. È il suo nome che in Egitto e nella sfera dei gruppi terroristici islamisti, però, non può passare inosservato. Quello di battesimo non è mai stato reso pubblico, ma quando si nominano Abu Osama al-Masri e il suo gruppo, Wilayat al-Sinai, ecco che tornano immediatamente alla mente l’attacco al consolato italiano de Il Cairo, il rapimento e la decapitazione dell’ostaggio croato, Tomislav Salopek, e i quotidiani attacchi terroristici contro giudici e obiettivi militari in Sinai. La firma di al-Masri, secondo quanto riporta il Sunday Times, oggi sarebbe anche dietro al disastro dell’aereo russo precipitato dopo essere partito dall’aeroporto di Sharm el-Sheikh.

Nome, luogo e data di nascita: tutto sconosciuto. Le uniche informazioni che si hanno del capo del gruppo terroristico del Sinai sono le sue origini, come conferma il suo nome di battaglia al-Masri (l’egiziano, ndr), e il suo ruolo: leader del gruppo fondamentalista Wilayat al-Sinai e, precedentemente, membro di Ansar Bait al-Maqdis, da cui il nuovo movimento discende. Per il resto, molte voci e poche certezze. Si dice che si sia formato alla storica università islamica sunnita di al-Azhar, a Il Cairo, diventando un grande conoscitore delle scritture sacre musulmane e che, dopo la sua radicalizzazione, nel 2014 avrebbe passato un periodo di tempo proprio in Siria, alla corte di Abu Bakr al-Baghdadi.

Tutto, questo è sicuro, sempre agendo nell’ombra. Nessuna esibizione di fianco a teste mozzate, mai una volta in video con le mani sporche di sangue, la faccia coperta e apparizioni rarissime. All’esaltazione della personalità e della propria leadership, Abu Osama al-Masri ha sempre preferito i fatti, le grandi dimostrazioni di potere attraverso la spettacolarità e l’efficacia degli attentati del gruppo che guida. È così che, al fianco dei continui attacchi a obiettivi militari e di polizia, Wilayat al-Sinai ha saputo alternare colpi più “spettacolari”, andando a colpire per ben tre volte nella capitale dell’Egitto: al consolato italiano, con il sequestro e la decapitazione di Tomislav Salopek e con due autobombe che hanno causato 29 morti.

Ai riflettori su se stesso, Abu Osama al-Masri ha preferito quelli puntati sulle “imprese” del proprio gruppo che, in un anno di vita, è diventato una delle “province” più attive, importanti e sanguinarie dello Stato Islamico. Queste manie di grandezza e la volontà di sferrare attacchi spettacolari potrebbero essere un’eredità del gruppo dal quale ha origine Wilayat al-Sinai e nel quale militava al-Masri: Ansar Bait al-Maqdis.

Anche questa organizzazione terroristica, per molto tempo leader nella Penisola del Sinai, era solita prendere di mira obiettivi ambiziosi con attacchi a effetto. Furono loro a posizionare le quattro bombe che nel gennaio 2014, un giorno prima dell’anniversario della Primavera Egiziana, uccisero sette persone. La loro mano era dietro anche all’attentato kamikaze sul bus a Taba, dove morirono 3 sudcoreani e un egiziano, oltre a diverse decapitazioni. Sempre gli uomini di Ansar Bait al-Maqdis furono gli ultimi a sferrare un attacco vincente contro un obiettivo aereo, quando con un razzo abbatterono un elicottero dell’esercito egiziano.

Sarà anche a quest’ultimo attacco che, se confermata la versione fornita dal Sunday Times, si è ispirato al-Masri. Un attentato spettacolare, con 224 vittime che lo inserisce tra gli attacchi terroristici in volo più sanguinosi della storia recente, dopo quello al World Trade Center di New York, nel 2001. Senza, però, metterci mai la faccia.

Twitter: @GianniRosini

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