Il nuovo tribunale di Vicenza e tutto il complesso edilizio che lo circonda è un abuso. Questa è l’ipotesi di reato contestata dalla Procura vicentina. E ora il tribunale ha disposto il sequestro di una parte dell’area vicina al futuro palazzo di giustizia, finita da qualche tempo sotto inchiesta: il Corpo Forestale ha messo i sigilli al lotto E, nel quale è prevista la costruzione di 14 nuovi condomini. Unico indagato l’ex direttore generale del Comune di Vicenza Antonio Bortoli, il quale secondo i pm avrebbe avvallato permessi di costruzione illegittimi vantaggiosi per il privato per 11 milioni di euro a scapito del pubblico. La vicenda è al centro di approfondimenti anche dell’Anac, l’Autorità anticorruzione, dopo un esposto del M5s.

“L’ecomostro padano” – la definizione è di Legambiente Veneto – oggetto dell’inchiesta, di circa 100mila metri quadri, sorge alla confluenza dei fiumi Bacchiglione e Retrone, siamo a poche centinaia di metri da monumenti come La Rotonda e l’Arco delle Scalette del Palladio e Villa Valmarana. Il complesso edilizio ospita il tribunale, un ipermercato e alcuni condomini in costruzione. Nelle sue fondamenta riposano i veleni della vecchia fabbrica, la Cotorossi, sorta alla metà dell’Ottocento e abbattuta nel 2005 per far posto a smisurati “scatoloni” di cemento che si sporgono fino al ciglio del fiume.

L’intervento edilizio nasce grazie ad una proposta fatta nel 2002, dalla FinVi – che è proprietaria dei terreni e società riconducibile al gruppo Berlusconi tramite Olmo, Euroidea e Standa -, all’amministrazione comunale guidata allora da Enrico Hullweck di Forza Italia. La proposta prevede il progetto urbanistico, chiavi in mano, del tribunale. In cambio la FinVi chiede ed ottiene l’edificabilità su tutta la restante area (circa 100mila metri quadrati) e in più un terreno di proprietà comunale. Ottenuto il via libera da Comune e Regione Veneto – presidente Giancarlo Galan – la FinVi vende tutto incassando un bel po’ di plusvalenze. La nuova proprietà è di Sviluppo Cotorossi, società che vede tra i soci la Maltauro, la piemontese Codelfa, di proprietà del gruppo di Marcellino Gavio.

Nel 2008 il centrosinistra vince le elezioni con Achille Variati (Pd) che da consigliere regionale aveva definito “un mostro” l’operazione urbanistica. Malgrado questo nel 2009 il nuovo consiglio comunale approva una variante urbanistica che conferma tutte le volumetrie. Ora anche quella variante è oggetto dell’inchiesta della magistratura. Le violazioni che emergono dallo studio dell’iter vengono snocciolati in un dossier ad hoc elaborato da Legambiente e dal comitato contro gli abusi edilizi: manca la Valutazione ambientale stategica, le opere edilizie sono dentro la fascia di rispetto fluviale di 10 metri, tra la documentazione mancante viene annoverata la verifica di compatibilità geologica, geomorfologica e idrogeologica dell’intervento mentre vengono ignorate le prescrizioni della sovraintendenza riguardo l’abbattimento della vecchia fabbrica. “Dovrà essere conservata – c’era scritto – la ciminiera e le facciate residue dell’originaria archeologia industriale del sito individuata nell’area a sud della ciminiera”. Ma secondo Paolo Crestanello, del comitato contro gli abusi edilizi, è una “vittoria mutilata“: “Oggettivamente il sequestro parziale favorisce la Maltauro che può continuare indisturbata i lavori negli altri lotti”.

Aggiornato da Redazione web alle 17,50 del 6 novembre

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