OpenSpace è, anzi è stato per quattro settimane concluse il 1 novembre, un talk show proveniente dalla fabbrica delle Iene. Puntate lunghissime (dalle 21.30 alle 1.30) dove si è parlato e mostrato di tutto un po’. Noi con le Iene siamo, lo confessiamo, assai prevenuti, come con tutti i Gabibbi e con tutte le solfe indignate.

Ma proprio in occasione dell’ultima puntata di Openspace, siamo stati indotti a interrompere il solito zapping compulsivo per seguire, a cavallo delle 22, la mezzoretta dedicata alle ragazze islamiche. Complice un libro appena uscito, si parlava di multiculturalismo, di ragazze italiane che scelgono l’islam, di seconde generazioni di immigrati, di coppie miste (islamico un membro, cattolico l’altro) con figli educati a scegliere per conto proprio se e a quale Dio affidarsi, delle suscettibilità identitarie che finiscono a sberle, delle ragazze che si impongono la disciplina e il connotato del velo esattamente come fanno da sempre gli adolescenti arruolandosi a un tifo, a un taglio di capelli, al tatuaggio, ai jeans sdruciti, alle scarpe slacciate eccetera.

Il linguaggio non era da talk stile Venier o D’Urso, e neppure da talk politico, ma rifletteva piuttosto l’impronta e il clima di Amici, tenendo in primo piano le storie e le facce delle protagoniste, intrecciate con servizi in qualche modo connessi a quanto in studio si veniva dicendo. Sicché, in assenza dei soliti difensori ed accusatori d’ufficio impegnati a esibirsi, stavolta ci pareva di toccare la materia reale anziché quella trasfigurata dalle sparate di una Santanché o appiattita nel linguaggio liturgico delle news.

L’ascolto del programma, leggiamo in giro, ha deluso Mediaset, che si sarebbe aspettata qualcosina di più. Eppure la formula ha funzionato assai bene con le giovani fra i 14 e i 34 anni che hanno raggiunto, anche in questo crucialissimo orario situato nel cuore più competitivo del prime time, oltre il 10% di share. Mentre il pubblico più anziano, maschi e femmine sopra i 55 anni, si è dimostrato avarissimo, rimanendo al di sotto del 2%. Fin qui peraltro la composizione del pubblico è pressoché identica a quella di Iene Show. Chi è mancato allora all’appello tra quelli che fanno da platea a Le Iene? La risposta è: i maschi giovani. E quale può essere la spiegazione? Forse proprio la mancanza, per noi felice, della componente “indignata”, quella che aggiunge allo show classico delle Iene quel tanto di western che è insito nella formula del “caccia e denuncia”.

Detto questo, se Mediaset davvero, come si mormora, rinunciasse al programma, ma anche se non ci rinunciasse, la Rai a parere nostro dovrebbe clonarne il linguaggio, almeno della parte che abbiamo visto. Perché copiare il meglio è meno vergognoso del non farlo.

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