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Non entro nel merito dell’operato da sindaco di Ignazio Marino. Non vivo a Roma e quindi non sono in grado di valutare il suo lavoro. Questo lo possono fare le romane e i romani e a sentirli sembra che la capitale sia in una condizione equivalente a come la lasciarono i lanzichenecchi nel maggio del 1527. Una città saccheggiata e di questo forse un po’ tutti si dovrebbero assumere una quota di responsabilità a partire dal primo cittadino. Ma la mia riflessione è altra, temo che questo episodio palesi come la democrazia nel nostro Paese sia solo formale e non sostanziale.

L’assunto su cui vorrei soffermare l’attenzione è che un presidente del Consiglio non eletto nemmeno come deputato, ma imposto da Giorgio Napolitano, costringe alle dimissioni un sindaco voluto dal popolo. Questa è la democrazia? Ho citato Napolitano e se si parla di mancanza di democrazia in Italia, Re Giorgio ha infinite responsabilità. Oramai è noto che il vecchio manovratore, su impulso proveniente da Berlino, già mesi prima tramava per far dimettere Berlusconi. Celermente nel novembre del 2011 nominò Monti prima senatore a vita e pochi giorni dopo gli diede l’incarico da presidente del Consiglio.

Napolitano prima di abdicare, unico caso nella storia della Repubblica, si fece rieleggere presidente della Repubblica da un Parlamento che era stato votato con una legge elettorale incostituzionale. Una Costituzione che con la vigente riforma indica un passaggio che è segno dei nostri tempi: dagli studi di Calamandrei si è passati ai cinguettii da 140 caratteri della Boschi.

E’ democratico un Paese che a palazzo Chigi ospita il terzo presidente del Consiglio consecutivo non eletto dal popolo? Oggi ci troviamo, volendo considerare i ruoli stabiliti dalle urne, nella paradossale situazione in cui il sindaco di Firenze Matteo Renzi, costringe a far dimettere il sindaco di Roma Ignazio Marino.

Il presidente Renzi sarà ricordato come un pugnalatore seriale. Enrico Letta ne sa qualcosa. Renzi non può permettersi di eliminare sindaci eletti come se fossero personaggi di un gioco elettronico da sconfiggere. L’Italia non è la sua playstation. Rammento al presidente Renzi il significato dell’acronimo Pd: la “D” dopo la “P” sta per “democratico”. Ma oggi il partito di Renzi è davvero democratico? E cosa resta dell’eredità di Berlinguer? Possibile che si è passati dalla coerenza di Antonio Gramsci agli annusatori di poltrone come Gennaro Migliore?

Questi intrichi e tradimenti di palazzo sono all’origine della costante disaffezione dei cittadini dalla politica. La democrazia della rappresentanza è sempre meno credibile. Oramai è chiaro a molti che i politici sono stati relegati al ruolo di esecutori di volontà dettate da potentati economico finanziari. La democrazia, come suggerito dal filosofo tedesco Jurgen Habermas, in Europa, è sempre più solo di facciata. E Habermas non è certo un estremista.

In Italia la triste tendenza è quella di far spazio a duci e ducetti. A maggior ragione in questa delicata fase storica non bisogna smettere di seminare democrazia e magari finalmente avere il coraggio individuale di non essere più pecora ma pastore di se stesso.

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