“Ti metto la pistola in bocca e ti ammazzo”. “Ti incaprettiamo”. “Vedrai che cosa ti succederà quando esce Grande Aracri dal carcere”. Erano di questo tenore le frasi pronunciate a una consigliera comunale di Brescello (in provincia di Reggio Emilia), il paese che fu di Peppone e Don Camillo. Per quelle e altre parole la Direzione distrettuale antimafia di Bologna ha chiuso le indagini a carico di cinque persone, tutte residenti nel paesino sulle rive del Po e tutte originarie della Calabria. La vittima, Catia Silva, eletta tra le file della Lega nord, nel 2009 aveva denunciato sul quotidiano il Giornale la presenza di uomini delle ‘ndrine nel suo comune. Pochi giorni dopo la consigliera era stata avvicinata da Salvatore Grande Aracri e Alfonso Diletto. Il primo, 36 anni, è nipote di colui che è considerato dai pm il boss della omonima ‘ndrina originaria di Cutro, Nicolino Grande Aracri. La stessa presunta organizzazione mafiosa per la quale si è appena aperta l’udienza preliminare a Bologna della maxi-inchiesta Aemilia. Il secondo, Diletto, oggi a regime di carcere duro del 41 bis, di quella organizzazione è considerato dai magistrati uno dei capi in regione.

Stando a quanto ricostruito dall’indagine, Salvatore Grande Aracri dopo la pubblicazione dell’articolo minacciò Silva: “Ti metto la pistola in bocca e ti ammazzo. Neanche tuo figlio ti potrà salvare, non sarà certo tuo figlio a difenderti”. A questo punto intervenne Alfonso Diletto, lì presente . Secondo l’accusa quest’ultimo disse a Catia Silva che i calabresi non la avevano presa bene e avrebbe cercato di indurre la segretaria locale del Carroccio a fare un comunicato per rettificare quanto detto in quello e in altri articoli. Catia Silva però non ha mai rettificato nonostante nei mesi, secondo quanto ricostruito dai magistrati, le minacce e le offese siano continuate. Alfonso Diletto è indagato per tentata violenza privata, Salvatore Grande Aracri per minacce, Carmine Rondinelli (classe 1947), Girolamo Rondinelli (classe 1979) e Salvatore Frijo (classe 1966), tutti residenti a Brescello, sono indagati per minacce e ingiurie in concorso. Questi ultimi tre, secondo i pm, minacciarono la consigliera con frasi di questo tenore: “Ti incaprettiamo”, “Ti facciamo fuori”, “Leghista di merda”. Nel farlo qualcuno di loro avrebbe mimato gesti come quelli del taglio della gola. L’indagine era stata condotta inizialmente dalla procura di Reggio Emilia, ma poi è passata per competenza ai pm della Dda di Bologna Marco Mescolini, Beatrice Ronchi ed Enrico Cieri, gli stessi che seguono Aemilia.

L’invito a non parlare di certi argomenti non è stato rivolto solo a Catia Silva. Domenico Lerose, un 59ennne nato a Cutro e residente a Reggio Emilia, a ottobre 2014 dopo un comizio aveva avvicinato la deputata reggiana del Movimento 5 stelle Maria Elena Spadoni e, secondo quanto ricostruito dalla Dda che anche in questo caso ha chiuso l’indagine, le aveva detto: “Lei Grande Aracri non lo deve neanche nominare”. Durante il suo discorso in piazza a Reggio la parlamentare aveva fatto riferimento ancora una volta alla vicenda di Brescello. Poche settimane prima in una video intervista della web tv Cortocircuito, il sindaco Pd della cittadina Marcello Coffrini aveva definito Francesco Grande Aracri (fratello di Nicolino e condannato in via definitiva per associazione di stampo mafioso) uno “molto composto, educato che ha sempre vissuto a basso livello”. Da qui una enorme polemica contro il primo cittadino portata avanti anche dal Movimento 5 stelle. Ora Domenico Lerose è indagato per tentata violenza privata aggravata dal fatto di essere stata commessa per agevolare l’associazione ‘ndranghetista di cui è stato riconosciuto fare parte Francesco Grande Aracri.

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