Disabile e malata di Aids esclusa da scuola. Succede in Campania, dove una bambina di 11 anni non è stata accettata nella scuola media statale in cui i genitori affidatari l’avevano iscritta. La storia è stata raccontata dal quotidiano Avvenire che ha pubblicato in prima pagina la lettera inviata dalla famiglia affidataria al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. Una denuncia pubblica che ha sollevato tante reazioni, dall’appello “Via quel no” dello stesso direttore del quotidiano dei vescovi, Marco Tarquinio, agli interventi del mondo politico, da Udc a Sel che hanno chiesto l’intervento del ministero dell’Istruzione. Il ministro Giannini – riporta l’Ansa – ha fatto sapere che “quella bambina entrerà in classe nei prossimi giorni. E quella città della Campania darà tutte le possibilità per farla rientrare a scuola. E se il dirigente scolastico che ha rifiutato la sua iscrizione”, lo ha fatto “non per un ritardo tecnico, ma per altro, allora pagherà per le sue responsabilità”.

Il caso della bambina è stato raccontato dalla mamma affidataria della Comunità di Capodarco di Teverola in Campania al Redattore Sociale: la ragazzina proviene da una “famiglia che vive in condizioni di gravissima emarginazione sociale ed economica. Ha frequentato una scuola fino allo scorso anno, dove nessuno si è reso conto, o ha fatto finta di non rendersene conto, della situazione. Aveva il sostegno scolastico per il suo ritardo psichico. Ma è stata sempre promossa, anche l’ultimo anno, seppur non sapesse leggere né scrivere. La scuola è la prima istituzione che non si è curata di lei e della sua famiglia, ma ha preferito sbarazzarsene al più presto”.

Il 3 febbraio la bimba è arrivata in ospedale “quasi morta – racconta la madre affidataria – aveva avuto un infarto. A 10 anni pesava 16 chili. E’ lì che la malattia è stata conclamata: prima, in dieci anni, nessuno se ne era accorto. E’ stata ricoverata per quattro mesi. Dopodiché le istituzioni si sono rese conto che quella famiglia non era in grado di curarsi di lei: doveva prendere 12 medicine al giorno ed essere seguita con molta attenzione”. E’ iniziata così la ricerca di una struttura capace di prenderla in carico: “Ce ne sono 35, accreditate con il comune di Napoli. La comunità di Capodarco, per scelta, non è accreditata. La procura ha fatto il nostro nome ‘in extremis’, perché nessun’altra struttura si era resa disponibile”.

Il 17 giugno la ragazzina è entrata in questa famiglia, che ha iniziato a cercare una scuola. “All’inizio nessun problema, il preside si è detto pronto ad accoglierla. Poi, il 4 settembre, quel sì si è trasformato in un diniego: ufficialmente, non c’era posto per lei, troppi iscritti. Ma l’ufficio scolastico aveva anche concesso la sezione supplementare che il preside aveva chiesto, quindi è evidente che le ragioni del diniego fossero altre: la ‘paura irrazionale’ del contagio“.

Più volte la donna si è rivolta all’Usr, fin quando “il personale ispettivo chiamato in causa ha ritenuto di aver trovato la soluzione: l’apprendimento a distanza. Ci hanno parlato anche di una circolare ministeriale, che avrebbe impedito la frequenza scolastica della bambina. Perché? Per ignoranza e paura, visto che non c’erano proprio ragioni di ordine medico: la bambina assume i suoi farmaci la mattina alle 8, la scuola non si sarebbe dovuta certo occupare di questo. E poi chiedevamo che frequentasse solo tre ore al giorno: ma per lei entrare in una classe ogni giorno è importante”.

Poi la lettera al ministro Giannini: “Oggi mi ha chiamato l’ispettrice dell’Ufficio scolastico regionale – spiega la donna – stupita e dispiaciuta per il clamore mediatico di questa vicenda, che lei considerava risolta. Adesso sta contattando i vari presidi delle scuole limitrofe e sicuramente qualcuno adesso sarà pronto ad accogliere questa bambina. Ma la violenza subita e l’offesa ai diritti non saranno cancellati facilmente”.

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