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Oggi sono passati 25 anni dalla morte di Ugo Tognazzi, uno dei più grandi attori della storia del cinema italiano e non solo. Eppure osservando il Paese, per molti versi, a me sembra essere passato molto più tempo…

Questa sensazione credo derivi dal fatto che le “mutazioni” di questo Paese stanno avvenendo in modo talmente drastico e inesorabile che l’epoca di Ugo, o di mio padre, dove il nostro cinema attraverso la commedia metteva alla berlina i difetti degli italiani, pare appartenere ad ere lontanissime. Attraverso le interpretazioni di Ugo spesso si riusciva, ridendo a crepapelle, a puntare il dito su problemi che apparivano all’epoca già insiti nella nostra società, ma sotto controllo. Ci si rideva appunto! La corruzione, la falsità, il maschilismo, l’opportunismo, e potrei continuare a lungo.

Oggi le cose si sono fatte unicamente e spaventosamente drammatiche: possiamo girare film di denuncia, evidenziare lo sfacelo delle istituzioni, la mancanza di cultura, la violenza, la mafia, ma non film drammatici dove dare spazio a personaggi come il Conte Mascetti di Amici miei di Mario Monicelli, o il Bruno Cortona del Sorpasso di Dino Risi. È come se, ridendo dei nostri difetti per decenni, avessimo perso di vista la realtà e ci fossimo di colpo trovati in un Paese dove quei personaggi scorretti ma bonari, non rispettosi delle regole ma simpatici, avessero preso definitivamente il potere. Ne In nome del popolo Italiano di Dino Risi, Vittorio interpretava, guarda caso, un industriale corrotto, invischiato nell’omicidio di una giovane e procace ragazza, mentre Ugo, un giudice incorruttibile che indagava sul caso. Alla fine del film, il giudice integerrimo, pur scoprendo che malgrado le insopportabili apparenze l’industriale non era colpevole, decide di buttare via le prove della sua innocenza, per un odio di tipo politico.

Quel giudice sbagliava, ma aveva ben chiara la questione morale che questo Paese ha ormai completamente dimenticato. Non riesco a immaginare i commenti e le reazioni che potrebbero avere oggi Ugo e Vittorio; sarebbe interessante ascoltarli. Chissà se almeno loro riuscirebbero ancora a trovare qualcosa di divertente in una società come quella in cui viviamo. Chissà se sentirebbero un leggero senso di colpa per avere, con il loro grande talento, interpretato personaggi talmente divertenti e di successo da farci spesso dimenticare che quei “mostri” eravamo e siamo noi.

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