Un’enorme moschea, la più grande del Regno Unito, a pochi passi dai siti delle Olimpiadi di Londra 2012. Ma ora il progetto dell’organizzazione islamica transnazionale Tablighi Jamaat, più volte sospettata di legami con il fondamentalismo, è stato bloccato dal governo conservatore guidato da David Cameron, dopo una battaglia per il suo avvio durata ben 16 anni. La notizia dello stop, arrivato dal sottosegretario alle Comunità etniche di sua maestà, Greg Clark, è stata data dal Daily Telegraph di domenica 25 ottobre e nella giornata di lunedì è rimbalzata in tutto il mondo islamico e sui media dei Paesi musulmani. Il progetto conosciuto con il nome di Abbey Mills Markaz oppure del Riverine Centre prevedeva un’area complessiva pari a 27mila metri quadrati, un minareto da oltre 60 metri di altezza nel cuore delle villette a schiera inglesi e un edificio in grado di accogliere contemporaneamente fino a quasi 12mila persone.

Già nel dicembre del 2012 il quartiere di Newham, dove era prevista la ‘mega-moschea’ (così viene chiamata dai media britannici), aveva bocciato la proposta, in quanto l’edificio religioso sarebbe stato troppo grande e avrebbe impedito all’area di essere “diversificata”. Un modo come un altro per dire che a Newham – che già ora è una delle zone di Londra più multiculturali e più multietniche, nell’est della capitale – la politica avrebbe gradito un ambiente idoneo a ospitare tutte le diverse comunità etniche, senza il prevaricare di una sulle altre. L’ultimo censimento è stato chiaro: a Newham su quasi 350mila abitanti solo il 29% della popolazione è definibile come “bianca europea”, contro il 43,5% di asiatici (pakistani, bengalesi e indiani soprattutto) e il 19,6% di persone di colore, di cui il 12% provenienti da Paesi africani con una grande presenza islamica. Un vero e proprio ‘melting pot’, un’area dove più volte si sono tenute manifestazioni dell’estrema destra britannica, contraria a tutto questo multiculturalismo e, negli ultimi anni, anche alla moschea in questione. Un edificio per il quale l’organizzazione Tablighi Jamaat aveva subito fatto ricorso, dopo il diniego da parte dell’amministrazione locale. Ma ora, appunto, secondo il Telegraph, a giorni arriverà il “no” ufficiale del sottosegretario e quindi del governo conservatore tutto, un rifiuto già rilanciato dalla totalità dei media del Regno Unito.

A favore della moschea in questi ultimi anni è stata fortissima, inoltre, l’attività di un’associazione, la Newham People’s Alliance, formata soprattutto da esponenti islamici che hanno condotto una campagna durissima contro il sindaco del quartiere, il laburista Sir Robin Wales, più volte definito “sionista” e accusato più o meno velatamente di razzismo. Ora rimane da capire che cosa accadrà a questo gruppo di pressione, considerando che più volte la politica locale ha fatto intendere che il gruppo di Tablighi Jamaat si sarebbe dovuto accontentare dell’attuale moschea, in grado di accogliere 2.500 persone. Un’organizzazione che, nel Regno Unito, ha sede nel West Yorkshire, nel nord dell’Inghilterra, e che crede fermamente che la popolazione musulmana non si debba integrare con quella di altre religioni. I legami con il fondamentalismo, tuttavia, sono ancora discussi e molti esperti negano questi rapporti, nonostante il Daily Telegraph abbia citato più volte fonti dell’intelligence francese e dell’Fbi americana, che riterrebbero Tablighi Jamaat essere “l’anticamera del fondamentalismo”.

Intanto, sempre sullo stesso quotidiano conservatore, nella giornata di domenica l’ambasciatore saudita a Londra, il principe Mohammed bin Nawaf bin Abdulaziz, con un intervento in forma di lettera ha criticato duramente il leader del Labour Jeremy Corbyn, accusato apertamente di avere “mancato di rispetto” all’Arabia Saudita. Il motivo è semplice: secondo il diplomatico, il leader dell’opposizione del Regno Unito ha convinto il primo ministro David Cameron a rinunciare a un accordo sulla gestione di alcune prigioni nel Paese arabo, un piano da più di 8 milioni di euro di valore. Corbyn, chiaramente, da pacifista, ha sempre sollevato il problema del rispetto dei diritti umani da parte di Riad, di qui le sue presunte pressioni sul leader dei Tory. Dopo l’abbandono del progetto, arrivato poche settimane fa, la reazione saudita non si è così fatta attendere a lungo. “Tutto ciò potrebbe avere ripercussioni serie”, ha avvisato il diplomatico. Il rischio, chiaramente, è soprattutto uno: che gli scambi commerciali fra Londra e l’Arabia Saudita rallentino, con il pericolo persino che si interrompano. Dalla religione al denaro, passando per la questione dei diritti umani, la situazione a Londra è sempre più ingarbugliata.

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