È targato Pietro Ciucci il rinnovamento dell’Anas. Mentre nell’azienda delle strade ancora brucia la sberla degli arresti per gli appalti truccati e le tangenti sotto l’egida della Dama Nera, al secolo Antonella Accroglianò, il nuovo amministratore delegato e presidente, Gianni Armani, ha deciso una serie di nomine presentandole come un segnale di rinnovamento.

Ma che al contrario si collocano nel solco della continuità con la passata e fallimentare gestione. Tra queste nomine la più importante è quella di Ugo Dibennardo che di Ciucci era uno dei preferiti, un dirigente che per sei lunghissimi anni, dal 2008 al 2013, ha guidato il compartimento Anas della Sicilia, la regione con il maggior numero di strade dissestate e chiuse, ponti e viadotti crollati o pericolanti perché costruiti male o perché non curati con la manutenzione necessaria.

Armani ora affida proprio a Dibennardo la manutenzione di tutti i 25mila chilometri di strade d’Italia, un compito presentato come strategico per l’Anas post Ciucci dallo stesso Armani il quale ha più volte dichiarato di voler riportare all’onor del mondo i lavori stradali, colpevolmente trascurati nel decennio precedente. Basti pensare che degli oltre 500 milioni di euro all’anno dedicati ai tempi di Ciucci sulla carta proprio al recupero delle arterie malmesse, solo la metà veniva poi spesa per interventi concreti. Il resto se ne andava in mille rivoli, compreso quello dei premi per la dirigenza.

La scelta di Dibennardo è sorprendente anche perché sa di ripescaggio. Ciucci lo aveva valorizzato prelevandolo dalla Sicilia per affidargli due anni fa la direzione della Progettazione, una delle più ambite nell’azienda delle strade, e per nominarlo anche amministratore delle Autostrade del Lazio e del Molise. Armani lo aveva invece degradato con uno dei primi atti della sua gestione cominciata alla metà di maggio. È difficile indovinare che cosa nel frattempo sia successo di così decisivo da far cambiare radicalmente il giudizio del nuovo presidente, al punto da trasformare l’emarginazione di Dibennardo in una clamorosa promozione. Sul repentino ripensamento di Armani di certo non possono aver influito le valutazioni sulla dirigenza affidate a una ditta esterna all’Anas e che sono ancora in corso.

Tra tutti i tecnici al vertice dell’azienda, di sicuro il 47enne Dibennardo è uno di quelli con più santi in paradiso. Le sue frequentazioni politiche sono ecumeniche. Negli ultimi tempi si era avvicinato in particolare al ciellino Maurizio Lupi, il ministro delle Infrastrutture poi dimissionario per i suoi strani rapporti con la cricca degli appalti.

Inoltre era uno dei pochi manager dell’Anas a poter vantare un rapporto solido con il potentissimo Ercole Incalza, responsabile della ministeriale Struttura di missione, ma di fatto il ministro ombra degli ultimi vent’anni prima dell’arresto avvenuto a marzo. Dibennardo ha poi un feeling particolare con il re dei direttori dei lavori, quel Nino Bevilacqua che vive in un castello sul porto di Palermo e si sposta in elicottero per seguire tutti i cantieri delle opere che gli sono state affidate, soprattuto nel Sud e sull’autostrada Salerno Reggio-Calabria, per importi superiori a 3 miliardi e mezzo di euro. Bevilacqua è il professionista che ha accumulato incarichi anche con la ditta catanese Tecnis di Mimmo Costanzo e Concetto Albino Bosco Lo Giudice, entrambi arrestati nel corso della recente retata Anas.

La nomina di Dibennardo rafforza la tesi di chi ritiene che il rinnovamento Anas proceda a ritmi troppo lenti e con eccessiva prudenza o addirittura che le poche scelte effettuate fino a oggi da Armani siano sostanzialmente un’opera gattopardesca, cambiamenti di sola facciata. C’è chi fa notare che gli unici interventi risolutivi nei confronti dei molti manager Anas sospettati di strani traffici siano stati effettuati non dal nuovo presidente, ma dai magistrati, prima con gli arresti al compartimento di Firenze e poi con la retata nella sede centrale di tre giorni fa.

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