In Costa Rica lo chiamano l’artista della natura. È Virgilio Vidor, 67 anni di cui 43 vissuti in America centrale. Un solo desiderio quando era partito, a 25 anni, dal litorale romano di Fregene: coltivare la vite in America latina. Un progetto che il 67enne è riuscito a realizzare, regalando alla Costa Rica la suo primo vitigno autoctono. Una storia che parte da lontano. “Negli anni Settanta ho scelto la Costa Rica perché volevo vivere in un ambiente pacifico e in armonia con la natura”. Suo fratello, allora 21enne, decise di seguirlo. Poi la palla passò ai genitori. “A quei tempi era molto difficile comunicare tra l’Italia e l’America Centrale. Se ci avessero lasciato partire soli, ci avrebbero perso per sempre”. Così, non potendosi affidare a internet o Skype, i genitori appoggiarono il progetto dei figli e si ritrovarono a emigrare anch’essi in Costa Rica per aprire un’azienda vitivinicola. “A Fregene ci chiamavano ‘i matti del villaggio’”, ricorda Virgilio.

“Il carrettino con cui siamo arrivati conteneva una capra, una chitarra e un materasso: eravamo poveri ma felici”

“Avevamo pochi soldi, quindi il viaggio è stato un’epopea durata più di tre giorni”. Da Roma al Lussemburgo in treno. Quindi un aereo con tappa alle Bahamas, Miami e infine, Costa Rica. Poi l’arrivo alla piccola proprietà a Playa de Panama, sull’Oceano Pacifico, comprata con i risparmi di famiglia. “Il carrettino con cui siamo arrivati conteneva una capra, una chitarra e un materasso: eravamo poveri ma felici”. Un connubio che fece nascere strategie pubblicitarie “innovative”, come quando Virgilio e suo fratello andarono a vendere frutta e verdura in spiaggia, offrendosi di cantare e suonare canzoni italiane ai clienti che avrebbero speso almeno dieci dollari.

Questo il nucleo creativo da cui è nata l’azienda capace di regalare alla Costa Rica il suo primo grappolo d’uva autoctono. Un lavoro di ricerca iniziato negli anni Settanta che, alla soglia degli anni Ottanta, ha permesso di stappare la prima bottiglia di vino costaricano. Peccato che negli anni Ottanta finirono i finanziamenti statali, e con loro si chiuse anche il Centro sperimentale di viticultura tropicale di Virgilio. “Sono diventato project manager come capo missione della Ue in progetti di sicurezza alimentare, lotta alla povertà e sviluppo sostenibile”. Ma il richiamo della vigna non l’ha mai abbandonato, tanto che dal 2007 Virgilio ha fondato il Giardino VitisVidor, sempre in Costa Rica, a Curridabat, la sua nuova patria a 1300 metri sul livello del mare. “L’approccio della gente locale è gentile e simpatico: mi hanno accolto con grande generosità. Ma ciò che mi ha conquistato fin da subito sono stati i parchi naturali e l’amore che i costaricani hanno per la natura”.

“Ciò che mi ha conquistato fin da subito sono stati i parchi naturali e l’amore che i costaricani hanno per la natura”

Con un patriarca di origini italiane, quindi, non c’è da stupirsi se alcune delle prossime varietà di uva della Costa Rica – in prova nel laboratorio di Virgilio – potrebbero chiamarsi “Grande Fiorenzo” e “Mamma Rina” (dai nomi dei genitori del 67enne). “Il mio lavoro? Ottengo nuovi vitigni ibridando le nostre viti mediterranee e quelle selvatiche tropicali locali. In questo modo si creano viti autoctone, promuovendo lo sviluppo del paese e stimolando l’innovazione”. Tanto che se oltre al caffè la Costa Rica potrà offrire un calice di vino, sarà proprio grazie al 67enne italiano che, pur non avendo mai finito le superiori, avrebbe tanto voluto laurearsi in botanica o diventare scienziato. “In fondo ora ce l’ho fatta. Mi sono laureato da solo, senza diplomi ma combattendo sul campo di battaglia. Sono felice di avere lottato e di avere vinto”.

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