Emissioni superiori al consentito “fino a 17 volte”. Dopo il caso Volkswagen, stavolta nel mirino di un’organizzazione non governativa è finita Opel, la divisione europea di General Motors. L’associazione tedesca per l’ambiente e la tutela dei consumatori Deutsche Umwelthilfe ha reso noti i risultati di un test condotto da un laboratorio indipendente in Svizzera sul modello Zafira 1.6 CDTi della casa automobilistica con sede in Assia. Dalla prova, come riporta lo Spiegel onilne, emerge appunto che a seconda del metodo di misurazione degli ossidi di azoto (con due o quattro ruote in funzione) le emissioni possono arrivare fino a 17 volte il limite consentito per un Euro 6.

Un portavoce della società ha smentito la notizia, sostenendo che “le accuse sono chiaramente false e infondate” e che “è molto sleale che la Deutsche Umwelthilfe faccia delle affermazioni senza mettere a disposizione, come più volte richiesto, i dati di cui è in possesso”. Il gruppo ha poi affermato che i suoi ingegneri “hanno rifatto e protocollato altri test su un’auto del tipo indicato (Zafira da 1,6 litri Euro 6 diesel) secondo le regole in vigore: e questo sia nella modalità a due, sia a quattro ruote. Il risultato: i valori sono in regola sia nella misurazione con due ruote, sia in quella a 4 ruote”. Opel poi ha preso ovviamente le distanze da possibili analogie con Volkswagen: “Tra i software elaborati da Gm nessuno è in grado di stabilire se un veicolo sia sottoposto a un test sulle emissioni”, ha fatto sapere la società.

Gli ambientalisti di Deutsche Umwelthilfe hanno approfittato della conferenza stampa convocata per parlare del test per un attacco a tutto campo all’industria dell’auto. “Io mi sorprendo che ci si sia sorpresi”, ha detto Axel Friedrich, consulente internazionale sui Trasporti ed ex dirigente dell’ente federale di tutela ambientale Umweltbundesamt commentando lo scandalo Volkswagen. Mentre Juergen Resch, direttore federale della Deutsche Umwelthilfe, ha detto all’Ansa di aver chiesto “un incontro al ministero dei Trasporti, ma nessuno ci ha risposto. Neppure una risposta negativa ci hanno inviato”. E anche le denunce fatte in passato, secondo Resch, sono rimaste inascoltate: “Hanno sempre guardato dall’altra parte”.

L’ong contesta l’assenza di organi indipendenti in grado di constatare il reale impatto inquinante delle macchine: “I test che noi richiediamo di fare – ha spiegato ancora Resch – sono possibili tecnicamente in Germania, solo che nessuno vuole farli. I controllori sono tutti condizionati dall’industria dell’auto. E quindi rifiutano di effettuare le nostre verifiche. Ci rispondono che, se le facessero, perderebbero i contratti con le compagnie automobilistiche”. Per questo motivo, nel caso di Opel, Deutsche Umwelthilfe si è rivolta all’istituto di ricerca Fachhochschule di Berna: “Qui in Germania non sarebbe stato possibile”.

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