Sì al pranzo al sacco a scuola. L’Asl di Brescia ha autorizzato gli studenti delle classi della primaria e della secondaria di primo grado a portarsi il pasto da casa e consumarlo nella mensa scolastica. Il nuovo regolamento scatterà a novembre nei refettori di 147 comuni della Provincia (inclusi quelli del capoluogo).

A lanciare la proposta, poi raccolta dal servizio sanitario locale, è stato il Movimento Cinque Stelle in Regione Lombardia. Paola Macchi, consigliere M5S, dichiara: “Le famiglie devono avere libertà di scelta. La legge infatti non vieta il lunch box. Metà delle mense in Italia non garantisce diete speciali per motivi religiosi. Tante non offrono menù vegetariani o vegani. Altre non preparano ancora piatti su misura per chi ha intolleranze alimentari. I Comuni – continua l’esponente M5S – si affidano sempre di più a un unico centro di cottura e i pasti devono essere trasportati fino alla mensa”.

Il 7 novembre ci sarà un incontro con esperti pro e contro nella sede regionale a Palazzo Pirelli a Milano. Non tutti i pediatri però sono d’accordo con il pranzo al sacco. “È diseducativo e ci sono potenziali rischi igienici” afferma Claudio Maffeis, direttore del Centro di diabetologia pediatrica di Verona.

“Non è un modo di boicottare il servizio di refezione scolastica ma un’opportunità in più che vogliamo dare alle famiglie – sottolinea Fabrizio Speziani, responsabile della Prevenzione medica dell’Asl bresciana -. Gli sprechi in mensa sono parecchi, riceviamo lettere di genitori che si lamentano perché i loro figli avanzano il cibo a pranzo e nel pomeriggio si abbuffano di merendine. Il pasto portato da casa consente un risparmio economico e al bambino di mangiare quello che gli piace”. L’Asl consegnerà ai genitori delle linee guida per confezionare piatti sani ed equilibrati. “Il bambino non può mangiare panini al prosciutto, pizza o pasta tutti i giorni. La “schiscetta” – puntualizza Speziani – verrà custodita in appositi armadi a scuola. L’idea è quella di dotare le mense di forni a microonde per riscaldare il cibo. Ma si vedrà, intanto partiamo così”.

Ufficialmente non ci sono altre Asl lombarde che hanno aderito al progetto dei Cinque Stelle. C’è però un altro comune, quello di Vergiate, 9mila abitanti in provincia di Varese, che ha anticipato l’iniziativa nel 2013, ma solo per gli studenti delle medie. “Possono portare cibi che non richiedono di essere riscaldati, né conservati in frigo. Quindi niente yogurt e niente carne – spiega l’assessore all’Istruzione Antonella Paccini -. Abbiamo fornito un elenco degli alimenti ammessi. Il 10% di chi già frequentava la mensa ha aderito. Consumano soprattutto panini, pizze, brioche e fette di torta, in una stanza separata all’interno della refezione. Si tratta soltanto di due pasti alla settimana, quando c’è lezione al pomeriggio”. I ragazzi in questo caso tengono il pranzo al sacco nello zaino o sotto il banco. L’amministrazione di Vergiate ha voluto dare una risposta alle famiglie che protestavano contro il caro mensa. “Il prezzo di base – conclude l’assessore – è di 5 euro a pasto che scende della metà per chi ha un Isee basso”.

Maffeis mette in guardia dai rischi della “schiscetta”. “L’alimentazione selettiva non va bene. Gli studi dimostrano che il bambino durante il pasto prende esempio dai compagni. Se a casa non tocca le verdure cotte, in mensa potrebbe iniziare a mangiarle perché piacciono anche all’amico. È provato che l’esposizione a un alimento ripetute volte, meglio ancora se in una comunità di coetanei, è necessaria perché i più piccoli lo prendano” spiega il pediatra. “La scuola – aggiunge – può essere un veicolo di educazione alimentare. A casa invece uno può mangiare bene ma anche male, non c’è un controllo”. La cattiva conservazione in classe è un altro problema. “C’è pericolo di contaminazione e scarsa igiene. La sperimentazione comunque servirà per avere risultati più chiari”. In altre città d’Italia, come Lucca e Pomezia, le Asl hanno espressamente proibito il pranzo portato da casa.

Un’indagine condotta da Cittadinanzattiva nel 2014 rivela nelle mense scolastiche prese a campione uno spreco di cibo di circa il 13%. Tra gli alimenti più scartati dai bambini: verdure (23%), pasta (19%) e pane (16%). Nel 38% dei casi invece non sono presenti prodotti biologici.

Secondo Fedagri, l’anno scorso si contavano 1.249 mense bio, cioè il 43% in più del 2010. La regione più virtuosa è la Lombardia (224), seguita da Veneto (192) e Emilia Romagna (172). Cittadinanzattiva insieme a Slow food e Actionaid ha ideato per le scuole primarie di Milano e provincia, Bergamo, Mantova e Pavia il percorso didattico “La mensa che vorrei“, che si concentra sul diritto al cibo, lo spreco e la sostenibilità delle mense, nato dal bando Expo “Nutrire il pianeta“.

Mentre Legambiente a marzo del 2014 ha lanciato la campagna “Buon cibo!”, contro lo spreco alimentare, che prevede le “good food bag“, sacchetti lavabili e riutilizzabili per portare a casa le porzioni non consumate al ristorante o in mensa. Finora sono state consegnate 50mila bag in tutta la penisola. Le regioni più ricettive sono Lombardia (46 amministrazioni), Emilia Romagna (40) e Campania (30).

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