Si basa su un esposto della società cooperativa Spoleto crediti e servizi l’indagine per la quale è finito nel registro degli indagati anche il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, accusato fra l’altro di corruzione e truffa, come rivela Il Fatto Quotidiano oggi in edicola. L’inchiesta è incentrata sul commissariamento della Banca Popolare di Spoleto (Bps) e la successiva vendita a Banca Desio, avvenuta lo scorso anno. Il commissariamento è stato poi annullato dal Consiglio di Stato. Ma nel frattempo i soci dell’istituto di credito umbro si sono visti azzerare il valore della loro partecipazione: da qui la decisione di andare in Procura. Nell’inchiesta coordinata dal pm Gennaro Iannarone sono indagati anche i commissari nominati da Bankitalia (Giovanni Boccolini, Gianluca Brancadoro e Nicola Stabile), i componenti del comitato di Sorveglianza (Silvano Corbella, Giovanni Domenichini e Giuliana Scognamiglio) e l’attuale presidente di Bps, Stefano Lado, che è vicepresidente di Banco Desio.

Tra le contestazioni contenute nell’esposto firmato dal legale Riziero Angeletti, figurano i giochi bancari avvenuti intorno alla vendita della Popolare di Spoleto. Frutto del “disegno criminoso” che avrebbe coinvolto Banca Desio, Banca d’Italia e Consob, si legge nel documento, “risulta anche la cessione della filiale di Torino della Bps alla Banca Popolare di Vicenza in quanto la medesima per le modalità e i tempi con i quali è avvenuta lascia chiaramente intendere che si è trattato del prezzo pagato dai commissari straordinari alla Banca Popolare di Vicenza affinché quest’ultima si ritirasse dalla competizione in ordine all’acquisizione del pacchetto di maggioranza della Bps, il tutto ovviamente in favore della designata (da tempo) Banca Desio spa”.

L’esposto cita anche un caso in cui i commissari hanno respinto un possibile acquirente la cui offerta, secondo i denuncianti, sarebbe stata “più vantaggiosa”. Il riferimento è alla “proposta irrevocabile di acquisto pervenuta all’amministrazione straordinaria della Bps in data 13 giugno 2014 da parte di Nit Holdings Limited di Honk Kong, primaria società internazionale di investimenti finanziari”.

Il commissariamento di Bps e della cooperativa Spoleto Crediti e Servizi (21 mila soci), che controllava l’istituto al 51%, fu deciso da Bankitalia dopo un’ispezione avviata nel 2012. Nel 2014 i commissari decisero di vendere Bps a Banco Desio. La quota di Spoleto Credito e Servizi scese al 10%, con grave danno economico per i soci della cooperativa. A febbraio di quest’anno il Consiglio di Stato ha annullato sia il commissariamento di Bps, sia quello di Spoleto Crediti e Servizi, per cui sono stati promossi ricorsi da parte dei soci della coop per l’annullamento degli atti dei commissari, compresa la vendita dell’istituto di credito.

Nell’esposto, l’avvocato parla di “un articolato schema criminoso posto i essere dai qualificati sodali teso all’impossessamento del patrimonio della Scs e della Bps”. Attraverso “uno schema apparentemente lecito”, continua il legale degli ex soci, hanno “conseguito il controllo della Bps a prezzi irrisori, arrecando. contestualmente, alla Scs e, conseguentemente, a tutti i soci della stessa, un gravissimo danno economico a vantaggio di altri soggetti”.

Il piano si è poi concluso, secondo la denuncia alla Procura di Spoleto, “in data 11 ottobre 2014 con la nomina quali consiglieri della Scs di amministratori graditi alla Banca Desio spa, in quanto questi ultimi avevano manifestato la loro volontà in caso si elezione alla carica di amministratori di ratificare l’accordo quadro nei modi e nei tempi previsti”.

Dopo la pubblicazione della notizia, fonti di via Nazionale hanno fatto sapere che “la Banca d’Italia non è a conoscenza di alcuna iniziativa dell’autorità giudiziaria”.  Fu comunque il Ministero dell’Economia a reiterare i decreti ministeriali di amministrazione straordinaria con effetto a partire dall’8 febbraio 2013, quando era cominciato il commissariamento.

Il procuratore di Spoleto Alessandro Cannevale, di fronte alle domande dei cronisti sull’articolo del Fatto, si è limitato a dire: “Di questo non parlo”. Il magistrato ha sorriso e si è portato una mano a chiudere la bocca per spiegare di non poter dire alcunché. “Non so nemmeno di cosa mi state parlando”.

Già prima del commissariamento della Banca, avvenuto nel febbraio 2013, i pm hanno indagato alcuni ex amministratori – tra i quali l’ex presidente Giovannino Antonini – funzionari dell’istituto e imprenditori dell’area umbra. Il procedimento, definito dalla Procura sulla base delle indagini svolte dal Nucleo Speciale di Polizia valutaria della Guardia di Finanza, è in attesa dell’udienza preliminare.  I reati ipotizzati sono associazione per delinquere e plurime ipotesi di appropriazione indebita aggravata, intermediazione usuraria, ostacolo alle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, bancarotta fraudolenta, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture e documenti per operazioni inesistenti, omessa comunicazione del conflitto di interessi. Fatti che sarebbero stati commessi fra il 30 settembre del 2007 al 24 aprile 2012 “ai danni della Banca popolare di Spoleto e altri soggetti”.

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