Quasi 80mila spettatori sugli spalti (per 3,7 milioni di euro d’incasso, nuovo record della Serie A), oltre 400 giornalisti accreditati, 158 Paesi nel mondo attaccati davanti alla tv: avete tutti sbagliato partita. Inter-Juventus è solo un deludente 0-0, giocato male da entrambe, vissuto con la paura di non perdere. Il big match, il vero derby d’Italia (inteso come manifesto del nostro calcio da esportare all’estero) era andato in scena sei ore prima al San Paolo. Due squadre moderne, che giocano a pallone per vincere. Ha vinto il Napoli 2-1, sicuramente non ha perso la Fiorentina. Se la giornata doveva dire chi può ambire allo scudetto, non è stata quella di San Siro la gara più indicativa.

I meriti sono quelli già studiati nelle scorse settimane. Dal confronto diretto è arrivata solo la piacevole conferma. Il Napoli ha sempre più una sua identità, a immagine e somiglianza di Maurizio Sarri, l’allenatore venuto dalla provincia che sta trasformando finalmente i partenopei in una grande squadra. La Fiorentina di Paulo Sousa e di un mercato rivalutato dal campo non è più una sorpresa. In comune hanno l’atteggiamento: la ricerca del risultato attraverso l’intensità e le idee. Non c’è nulla di casuale nel pressing asfissiante da cui nasce il gol decisivo di Higuain, nel taglio alle spalle della difesa di Insigne o nella combinazione con Ilicic che manda in porta Kalinic. Novanta minuti di spettacolo, da una parte e dell’altra. E la classifica non mente: i viola ancora primi in solitaria, meritatamente per quanto si è visto in queste prime otto giornate. Il Napoli già a ridosso della vetta, nonostante la falsa partenza (due punti nelle prime tre partite) che aveva sollevato tanti e prematuri dubbi sul progetto Sarri. Il tempo è galantuomo anche nel calcio.

Invece a San Siro l’attesissimo derby d’Italia è stato solo una partita mediocre. Bella per l’attesa dei tifosi e la passione sugli spalti, non per quanto visto in campo. Con molte scusanti (l’importanza della posta in palio, gli acciacchi e il peso della sosta per le nazionali) ma anche diverse scelte al ribasso. Innanzitutto da parte dei due allenatori, che hanno preferito non perdere. Mancini con una squadra ancora imballata, poi vistosamente stanca nella ripresa ma con un solo cambio sfruttato fino al novantesimo. Allegri con i due giocatori più pagati sul mercato (Dybala e Alex Sandro) lasciati in panchina per tutta o quasi la gara. I calci, le tante ammonizioni (otto alla fine, quattro solo nel primo quarto d’ora) e le poche emozioni sono un po’ anche la fotografia di questo strano campionato. In cui le grandi, per una ragione o per l’altra, ancora non convincono. E il bel calcio si gioca altrove. Probabilmente fra quattro-cinque mesi le squadre in lotta per lo scudetto saranno le solite di sempre. Ma sarebbe bello se nel girone di ritorno Fiorentina-Napoli fosse ancora sfida d’alta classifica. Un altro derby d’Italia, del nuovo che avanza. E diverte.

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