Nel caos della Fifa, dagli arresti di maggio alla sospensione di Blatter e Platini, germogliano le peggiori novità. Se oggi a reggere ad interim Fifa e Uefa sono due persone al di sotto di ogni sospetto – il camerunense Issa Hayatou, che ha ammesso di avere ricevuto pagamenti illeciti nel 1995 e è indagato per tangenti del 2011, e lo spagnolo Angel Maria Villar Llona, su cui pende un’inchiesta di corruzione – i candidati che vorrebbero succedere a Blatter non sono da meno. Emerge infatti ora come favorito alla presidenza Fifa lo sceicco Salman Bin Ibrahim Al-Khalifa, presidente della AFC (confederazione asiatica) e soprattutto membro attivo della famiglia reale degli Al-Khalifa, che dal 2011 reprime in maniera assai cruenta le rivolte scoppiate nel paese. Un nome, quindi, destinato a far sorgere nuove polemiche.

E’ il 14 febbraio 2011 quando in Bahrain migliaia di donne e uomini invadono la Rotonda della Perla, nella capitale Manama, reclamando diritti e giustizia. La risposta della monarchia sunnita non si è fa attendere: ed è di una violenza inaudita. Nel paese entrano i carri armati del vicino alleato dell’Arabia Saudita, sunniti wahabiti che non vedono l’ora di sparare sulla folla che rappresenta la maggioranza sciita del paese. Da qui comincia una repressione ferocissima, oltre agli spari altezza uomo con fucili anche di fabbricazione italiana e candelotti di lacrimogeni che i Physicians For Human Rights denunciano contenere additivi chimici letali, si susseguono torture, processi arbitrari e condanne a morte. E nonostante le denunce delle associazioni per i diritti umani, nessuno interviene per non disturbare il prezioso alleato saudita. In tutto ciò, Salman Bin Ibrahim Al-Khalifa, il favorito alla corsa per essere presidente della Fifa, avrebbe avuto una parte attiva.

Nel 2011, infatti, l’Associated Press riporta che oltre 150 tra allenatori, giocatori e membri degli staff del calcio locale, riconosciuti attraverso foto e video come partecipanti alle manifestazioni di protesta, sono giudicati da uno speciale tribunale istituito da Salman Al-Khalifa, presidente della federcalcio, e se colpevoli trasferiti nelle maglie repressive della giustizia ordinaria. Owen Gibson del Guardian sostiene anche di avere visionato una lettera dell’Istituto per i Diritti e la Democrazia del Bahrain (Bird) spedita al superprocuratore Michael Garciaquello dell’inchiesta della Fifa – in cui si denuncia il fatto. Lo scorso anno però Garcia, al momento di chiudere l’inchiesta, risponde che questa vicenda esula dai suoi compiti, ma la Fifa, informata dei fatti, è obbligata ad aprire un procedimento per “interferenze governative” nello sviluppo del calcio. Nonostante ciò, Salman Al-Khalifa nel 2013 è eletto alla presidenza dell’AFC (la Uefa asiatica, per intenderci) sostenendo che non ci sono ancora prove al riguardo.

Se l’operato di Salman Al-Khalifa nulla ha a che fare con la corruzione di cui si è occupato Garcia, la partecipazione attiva in un cruento sistema repressivo dovrebbe però essere considerata un crimine addirittura peggiore. Se non dalla AFC e dalla Fifa, almeno da quei delegati che dovrebbero votarlo alle presidenziali di febbraio, tra i quali molti europei dato che Salman Al-Khalifa è alleato di Michael Platini. Come scrive Nicholas McGeehan, ricercatore per il Golfo di Human Rights Watch: “Se un membro della famiglia reale del Bahrein è il candidato migliore che la Fifa riesce a trovare, allora questa organizzazione si conferma come l’accozzaglia di persone con il livello di etica più basso di tutto lo sport mondiale”.

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