(WORLD SECTION) INDONESIA-BEKASI-WEATHER-DRIED SEASON

C’è una ragione del tutto personale per una questione estranea ai miei soliti interessi. Riguarda le epidemie di dengue e l’effetto che i fenomeni climatici esercitano sull’innesco e sulla diffusione del fenomeno. È una motivazione banale: circa 25 anni fa sono stato colpito dalla malattia nel Nordeste del Brasile. Evidente che me la sono cavata, ma la febbre altissima della dengue lascia nel malcapitato un ricordo assai vivo.

Gli studiosi delle epidemie di dengue nel sud-est asiatico hanno osservato che, negli otto Paesi analizzati della regione, l’epidemia di gran lunga più vasta, quella del 1997-98, è avvenuta in concomitanza di un periodo con temperature superiori alla media, circa 1,5°C. E questo riscaldamento ha coinciso con El Niño più forte del secolo XX. Uno degli autori dello studio, pubblicato su Pnas, afferma: «Tutte le province di questa grande regione (ndr. Cambogia, Tailandia, Vietnam, Laos, Filippine, Malesia, Singapore e Taiwan) hanno avuto l’epidemia nello stesso momento». L’epidemia del 1997-98 ha colpito più di 450 mila persone, mentre, in questa regione, le normali epidemie di dengue colpiscono circa 200 mila persone. Poiché la zanzara che diffonde il virus, Aedes aegypti, prolifera nelle acque stagnanti, gli epidemiologi osservano una recrudescenza annuale della dengue nella stagione delle piogge, ma spiegare perché in alcuni anni il fenomeno si intensifichi in modo abnorme è un rebus ancora irrisolto.

El Niño (Enso, El Niño-Southern Oscillation) è un fenomeno climatico di tipo periodico (che accade ogni 3-7 anni, in media ogni 5) legato al riscaldamento delle acque marine nella zona equatoriale orientale dell’oceano Pacifico. È forse il più importante fenomeno di tele-connessione atmosferica a scala globale, poiché causa piogge più abbondanti in California e nel Golfo del Messico, siccità nelle pianure centrali e gelate nella costa est degli Stati Uniti, ma anche piogge più intese in Kenya e sull’alto Nilo, temperature più alte nel sudest asiatico, meno tifoni in Giappone e siccità in Tasmania. E quando la temperatura aumenta, le zanzare crescono più velocemente e si nutrono più frequentemente.

I modelli climatici indicano che il prossimo episodio di El Niño, previsto nel 2015-16, potrebbe essere intenso come quello del 1997-98 che, nella sola California, fece più di mezzo miliardo di dollari di danni da alluvioni e colate detritiche, innescò tornado in Florida e provocò tempeste ghiacciate nel Nord-est degli Stati Uniti, dove ci furono circa 800 milioni di dollari di danni a edifici e infrastrutture. Se il legame tra dengue ed El Niño si rivelerà robusto, in alcune aree del pianeta la sanità potrebbe agire con anticipo ogni volta che il El Niño si affaccia al lontano orizzonte, preparando gli ospedali a una maggiore accoglienza e intensificando il controllo delle zanzare. In fondo, «sappiamo prevedere il clima e il tempo molto meglio di quanto sappiamo fare con le epidemie», conclude uno degli studiosi della dengue.

È noto come i cambiamenti climatici abbiano un impatto sanitario non trascurabile, per esempio, sulla possibile diffusione del colera. Anche le grandi catastrofi, sismiche o idrologiche, portano con sé pesanti conseguenze. Ad Haiti l’epidemia di colera dopo il terremoto del 2010 ha contagiato almeno 700 mila persone, uccidendone novemila. Il crollo delle dighe cinesi di Banquiao e Shimantan nel 1975 fece direttamente circa 26 mila morti, ma le epidemie e la carestia che ne seguì ne fece ben 145 mila. Nel passato, anche l’Italia ha sperimentato questi effetti; per esempio, le alluvioni che colpirono il basso corso del Po nella primavera del 1872 e il medio bacino nell’autunno dello stesso anno non solo annegarono parecchia povera gente, ma diffusero il tifo e la pellagra e aggravarono le conseguenze dell’epidemia di vaiolo. Prepararsi in anticipo a tutte le possibili conseguenze del prossimo episodio di El Niño non sarebbe una precauzione esagerata.

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