Scusate, qualcuno sa dire dov’è finita la destra? Perché nemmeno i più audaci sogni egemonici del Pci hanno mai contemplato uno scenario simile all’attuale. Columnist scatenati che sui più compassati e autorevoli quotidiani, un tempo definiti moderati o conservatori, fanno outing che potrebbero tramortire il più rodato e radicale dei lettori: “Io sono di sinistra”. Un effetto simile lo raggiunse quella tale che andò da papà e gli disse “Indovina chi viene a cena”, ma era solo una commedia di successo. Ora invece è tutto vero.

Hanno cominciato Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, docenti in Italia e in prestigiose università americane, spiegando al colto e all’inclita che il liberismo è di sinistra perché aiuta i più deboli. Avevamo impiegato più di sette anni per riprenderci dal colpo, ma Luca Ricolfi, sul Sole 24 ore di domenica scorsa ha ulteriormente ampliato i confini del neo-radicalismo, ridisegnando il concetto di interesse generale. «Il prestigio nel sindacato nei primi anni 70 si fondava sulla sua capacità di porsi come rappresentante di valori e interessi generali», ha esordito schierandosi platealmente dalla parte in cui negli esseri umani e non solo batte il cuore. Certo, ha spiegato, quella capacità non sempre «è stata esercitata al meglio, ma era visibile e riconoscibile su molti terreni: dalla lotta al terrorismo al contrasto della nocività, dalla politica dell’istruzione allo sviluppo del Mezzogiorno». Ora la retta via è smarrita e anche il prestigio che fu ad esempio, di Lama e Trentin.

Potrebbe non essere semplice dar torto a Ricolfi. Uno immagina che sia giustamente incavolato per gli scioperi selvaggi che bloccano il metrò capitolino, o se la prenda con l’abitudine di relegare la questione dei precari tra le eventuali e varie, o al massimo si accalori per le assemblee sindacali che lasciano i turisti per due ore fuori dal Colosseo (questione parecchio controversa). Invece no. Il problema che angustia Ricolfi è un altro, altri sono i segnali che denunciano un sindacato incapace di andare «oltre la tutela immediata dei propri iscritti». Se avesse cura dell’interesse generale, oggi si renderebbe conto «che il dilemma salari-occupazione non è aggirabile, e che se un ulteriore aumento della quota del reddito nazionale che va ai lavoratori dipendenti non può che rallentare la formazione di nuovi posti di lavoro». Ma questo non era un ragionamento di destra? E non ci sono accordi sindacali, siglati ad esempio in Emilia-Romagna, che vedono aumento dell’occupazione e della produttività andare a braccetto con adeguamenti salariali? E di quale interesse generale si sta parlando? Chi ne è il legittimo rappresentante in questo momento?

Mariana Mazzucato, economista e docente all’Università del Sussex, spiega che fino agli anni anni 80 gli incrementi di produttività erano accompagnati da aumenti salariali. «Il collegamento – spiega Mazzuccato – si è spezzato per effetto della riduzione del potere negoziale dei lavoratori e del crescente orientamento delle aziende verso la finanza». Ora il punto sarebbe ridare ossigeno ai salari per resuscitare, tra l’altro, la domanda interna. E questo sembrerebbe davvero un ragionamento di sinistra. Non sorprende che Mazzucato insieme al premio Nobel Joseph Stiglitz abbia messo le sue competenze a disposizione di Jeremy Corbyn, nuovo astro del Labour Party, anche lui convinto di essere di sinistra: con gran dispetto, si può immaginare, di quella radicalissima “new wave” che fa da coro alle imprese del nostro premier.

Renzi l’ha subito messo in chiaro: «L’unica cosa non di sinistra che ho fatto è stato vincere le elezioni». Il Jobs act insegna: sembra di destra, perché cancella alcuni diritti, come quello di non essere licenziati senza giusta causa, ma moltiplica i posti di lavoro. Secondo il ragionamento di Ricolfi può a buon diritto essere considerato di sinistra. Peccato che i contratti stabili accesi in un anno siano poco più del 20% del totale, contro circa l’80% di contratti a termine e di apprendistato. A questo si aggiunga un boom dei voucher per lavori temporanei (fonte: Osservatorio Inps sul precariato). Il precariato resta dunque una cifra caratterizzante della nostra economia reale, l’occupazione “buona” non aumenta anche se, causa l’indebolimento del potere negoziale dei dipendenti, i salari italiani restano al palo.

Resta da chiedersi cosa sia per i nostri nuovi mentori una politica di sinistra. La risposta potrebbe essere molto semplice: qualcosa che aiuta i più deboli senza che questi se ne accorgano. Ti fa bene e non lo sai, una versione rovesciata dell’ago che non fa male. Uno si aspetta che le proprie condizioni migliorino, e si chiede: «Già fatto?». Poi apre i giornali, legge che i pagamenti in contanti possono arrivare fino a tremila euro, e si dà una risposta. All’orizzonte sorge il sol dell’avvenire.

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