Mentre il Sinodo dei vescovi sulla famiglia è al giro di boa, a far discutere è una lettera scritta da alcuni cardinali e indirizzata al Papa. Tra rivelazioni e smentite cosa è successo davvero? Lunedì 5 ottobre 2015, all’inizio della prima congregazione generale dei 270 padri sinodali, il cardinale australiano George Pell, prefetto della Segreteria per l’economia, consegna a Bergoglio una lettera, secondo le prime ricostruzioni firmata da 13 porporati. Nel testo viene duramente criticato il metodo dei lavori del Sinodo, quasi come se le conclusioni del dibattito fossero state già scritte dall’alto e l’assemblea sia chiamata soltanto a ratificarle, ma viene espressa anche la forte preoccupazione che alla fine la discussione ruoti soltanto attorno al tema della comunione per i divorziati risposati.

Nella lettera, scritta in inglese da Pell si legge che “vari padri hanno espresso la preoccupazione che un sinodo progettato per affrontare una questione pastorale vitale, rafforzare la dignità del matrimonio e della famiglia, possa arrivare a essere dominato dal problema teologico/dottrinale della comunione per i divorziati risposati civilmente. Se così avverrà, ciò solleverà inevitabilmente questioni ancora più fondamentali su come la Chiesa, nel suo cammino, dovrebbe interpretare e applicare la parola di Dio, le sue dottrine e le sue discipline ai cambiamenti nella cultura. Il collasso delle Chiese protestanti liberali nell’epoca moderna, accelerato dal loro abbandono di elementi chiave della fede e della pratica cristiana in nome dell’adattamento pastorale, giustifica una grande cautela nelle nostre discussioni sinodali”.

Il documento fa irritare non poco il Papa anche perché gli vengono mosse accuse risultate subito del tutto infondate. Il giorno dopo la consegna della lettera, infatti, interviene in aula il segretario generale del Sinodo, il cardinale Lorenzo Baldisseri, per spiegare ai firmatari che hanno preso un abbaglio sostenendo che sono stati fatti dei cambiamenti di procedura riguardo alla commissione incaricata di redigere il documento finale e alla nomina dei relatori e dei moderatori dei circoli minori che, durante le tre settimane di dibattito, dovranno apportare gli emendamenti al testo conclusivo. Ma a sorpresa è lo stesso Bergoglio a intervenire chiedendo ai padri sinodali che hanno firmato la lettera di non cedere “all’ermeneutica cospirativa”, definendola “sociologicamente più debole” e “teologicamente più divisiva”. A rivelarlo con un tweet è il direttore de La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, tra i 270 padri sinodali.

Nel suo briefing quotidiano, il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, rivela l’altra parte dell’intervento del Papa che ha chiesto di “non ridurre i temi del Sinodo alla comunione ai divorziati risposati” e che ha ribadito che “la dottrina cattolica sul matrimonio non è stata mai messa in discussione”. Ma il giallo della lettera non è ancora finito. Esattamente una settimana dopo, il vaticanista de L’Espresso Sandro Magister, sospeso a tempo indeterminato dalla Sala Stampa della Santa Sede per aver violato l’embargo dell’enciclica Laudato si’, pubblica sul suo blog il testo della lettera inviata al Papa e l’elenco dei 13 cardinali firmatari. Immediatamente arrivano le prime smentite dei porporati.

Il primo a sostenere di non aver mai firmato il documento è l’arcivescovo di Milano Angelo Scola. Subito dopo arriva la smentita dell’arcivescovo di Parigi André Vingt-Trois e successivamente anche quelle del Penitenziere maggiore Mauro Piacenza e dell’arcivescovo di Budapest Péter Erdö che è anche relatore generale del Sinodo. Dall’elenco iniziale di 13 porporati pubblicato da Magister, al momento, restano in 9: Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna; Thomas C. Collins, arcivescovo di Toronto; Timothy M. Dolan, arcivescovo di New York; Willem J. Eijk, arcivescovo di Utrecht; Gerhard L. Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede; Wilfrid Fox Napier, arcivescovo di Durban; George Pell, prefetto della Segreteria per l’economia; Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino; e Jorge L. Urosa Savino, arcivescovo di Caracas. Ma non si escludono altri colpi di scena.

Sulla vicenda delle firme ritirate è intervenuto lo stesso portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, bollando la pubblicazione della lettera come un “atto di disturbo non inteso dai firmatari, che non deve lasciarci condizionare”. Lombardi ha precisato che “almeno quattro padri sinodali comparsi nella lista dei firmatari hanno smentito (Angelo Scola, André Vingt-Trois, Mauro Piacenza e Péter Erdö, ndr). Il cardinale George Pell ha dichiarato che la lettera fatta avere al Papa era riservata e doveva rimanere riservata e che quanto pubblicato non corrisponde né al testo originale né alle firme. Nella sostanza le difficoltà della lettera erano state evocate lunedì sera, 5 ottobre 2015, in aula anche se non così dettagliatamente e come sappiamo il Papa e il segretario generale del Sinodo, il cardinale Lorenzo Baldisseri, avevano risposto con chiarezza”. Lombardi ha ribadito che “si possano fare osservazioni sulla metodologia del Sinodo e ciò non stupisce, ma che una volta stabilite le regole bisogna impegnarsi ad applicarle nel migliore dei modi ed è quello che sta avvenendo in un clima generale positivo”. Il portavoce vaticano ha aggiunto, inoltre, che il cardinale Wilfrid Fox Napier, che risulta tra i firmatari della lettera, ha chiesto di smentire quanto pubblicato da Crux che gli attribuisce una dichiarazione nella quale metterebbe in questione il diritto del Papa di nominare una commissione di dieci membri per la redazione del documento finale dei lavori. “Napier – ha precisato Lombardi – sostiene esattamente il contrario”.

Twitter: @FrancescoGrana

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