Un nuovo profilo professionale, con competenze ad ampio raggio, non solo didattiche. Una carriera (quasi) separata dai docenti comuni. Quindi anche un concorso ad hoc per entrare in ruolo, forse già dal prossimo bando. Sono i piani del Ministero per cambiare la figura degli insegnanti di sostegno in Italia. O si potrebbe dire rivoluzionare, vista la portata delle novità. “Il sistema attuale non funziona, non c’è inclusione. Era il momento di cambiae”, spiega Vincenzo Falabella, presidente della Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap), associazione che ha partecipato al dibattito da cui nasce la proposta. “Fare l’insegnante di sostegno diventerà una scelta di vita”. Con tutte le conseguenze del caso, nel bene e nel male. “Il rischio – sostiene la Flc Cgil – è di snaturare gli insegnanti, assegnando loro compiti di natura non didattica per tagliare su altri servizi”.

LA PARTE MANCANTE DELLA RIFORMA – La “Buona scuola” non finisce con il piano straordinario di assunzioni, la valutazione dei docenti e l’alternanza scuola/lavoro. Il ddl approvato a luglio dal Parlamento contiene in coda una corposa parte di deleghe, che dovrà essere scritta nei prossimi mesi. Fra queste, quella per la riforma del sostegno, cruciale per la scuola e per tutta la società. Parliamo infatti di circa 110mila insegnanti (dati Miur 2014) a cui sono affidati quasi 210mila studenti disabili che hanno bisogno di sostegno a scuola. Problemi di grado e tipologia molto differente: ritardo mentale, disturbi del linguaggio e dello sviluppo le patologie più frequenti. Per questo, e per garantire più continuità ai ragazzi, il Miur ha deciso di cambiare. Il sottosegretario Davide Faraone aveva dato più volte indicazioni sul futuro della categoria, parlando di docenti “più specializzati sulle disabilità”. Adesso quelle idee cominciano a prendere corpo: il 7 ottobre si è svolto il primo tavolo “di ascolto” al Ministero.

DOCENTE, MA NON SOLO INSEGNANTE – Innanzitutto bisogna capire quali saranno le funzioni del nuovo docente di sostegno, non più solo insegnante di classe e in classe. I sindacati parlando di “compiti medicalizzanti”, aggettivo usato in accezione negativa che non piace al Miur. Di certo, dovranno far fronte a quella necessità di “maggiore specializzazione sulla patologia” indicata da Faraone, caricandosi di alcuni compiti degli educatori, magari con competenze anche di diagnosi e certificazioni sul grado di disabilità (che attualmente spettano alle Asl). In totale autonomia dovranno stilare il piano di studi personalizzato degli alunni. E avranno anche mansioni organizzative, curando i rapporti tra le varie parti del processo di inclusione (Asl, scuole, famiglie). Insomma, nascerà una figura nuova, nettamente separata da quella dell’insegnante comune. E infatti diversificato sarà anche il percorso di carriera.

CARRIERE (QUASI) SEPARATE – Nel ddl, poi trasformato in delega, si parla esplicitamente di “scelta professionale univoca” e “inquadramento dei docenti in appositi ruoli”, da cui non si potrà uscire con la “normale mobilità come avviene oggi”. Sono queste le parole chiave della riforma. Il Ministero pensa a quattro specifiche classi di concorso, una per ogni ordine di scuola (infanzia, primaria, medie e superiori). Novità assoluta, visto che oggi i docenti di sostegno sono inquadrati nelle classi di concorso delle loro materie. E per garantire la “continuità” ci sono due ipotesi sul tavolo: o raddoppiare l’obbligo di permanenza sul sostegno da 5 anni (soglia attuale) a 10 anni. O – in seconda battuta – vincolare il passaggio sulla materia al superamento di un apposito concorso. In entrambi i casi fare l’insegnante di sostegno diventerebbe una scelta di vita, quasi a vita.

NOVITÀ GIÀ DAL PROSSIMO CONCORSO – Non si sa le novità riguarderanno anche i neoassunti: dipende da quando la delega sarà pronta e diventerà operativa. Il prossimo concorso, comunque, sarà studiato per essere già in linea con la riforma. Il bando 2015 (atteso entro il primo dicembre) sarà una via di mezzo tra passato e futuro: concorso unico per tutti, ma con una prova specifica per il sostegno. Niente più “graduatoria incrociata”, dunque: fino ad oggi gli specializzati facevano l’esame sulla loro classe di concorso, per poi essere inseriti anche sulla graduatoria di sostegno col punteggio della materia. Adesso ci saranno due liste separate. Un’ulteriore incognita, anche perché un concorso sul sostegno non è mai stato fatto. Su cosa dovranno prepararsi gli aspiranti docenti? Per il futuro, poi, il Ministero prevede un concorso ad hoc per il sostegno, al termine di un apposito corso di formazione accorpato al corso di laurea (un po’ come dovrebbe essere per la formazione di tutti i docenti).  Nell’attesa ci saranno altri Tfa: come dimostrato anche dall’ultimo piano di assunzioni (dove non tutti i posti sono stati coperti), gli insegnanti di sostegno sono pochi. Bisognerà abilitarne altri nei prossimi anni per far fronte al fabbisogno.

PRO E CONTRO – Il progetto nasce per “migliorare la qualità dell’inclusione scolastica” e risolvere la “crescita esponenziale del contenzioso sulle ore di sostegno”. Per capire se ci riuscirà bisognerà attendere i dettagli della riforma. La onlus Fish è convinta di sì: “Da tempo portiamo avanti l’idea della carriera separata: solo così si può garantire la continuità didattica. Il sostegno sia una vocazione, non più un trampolino di lancio per la carriera curriculare”, spiega il presidente Falabella. “Giusto anche pensare ad una maggiore specializzazione degli insegnanti: servono più competenze per poter affrontare disabilità molto diverse”. Facile, però, immaginare pure le possibili controindicazioni: che il docente di sostegno diventi sempre meno insegnante e sempre più assistente.

“Anche i ragazzi con disabilità hanno bisogno di docenti”, spiega la Flc Cgil. “I compiti non didattici devono essere svolti da altre figure. Forse il governo spera di risparmiare ampliando il raggio delle mansioni degli insegnanti di sostegno”. Oppure che la prospettiva di una scelta definitiva (10) scoraggi i più qualificati, producendo l’effetto opposto a quello sperato. “Dieci anni sul sostegno possono essere molto pesanti, anche dal punto di vista fisico”, aggiunge il sindacato. “Professori di latino, o di matematica, sceglieranno ancora di dedicarsi al sostegno o si ridurrà ulteriormente la platea degli aspiranti?”. Tutti fattori di cui la riforma dovrà tenere conto. Siamo ancora ai primi passi, ma il percorso è cominciato.

Twitter: @lVendemiale

Articolo Precedente

Nuovo Isee, un nonsense che esclude invece di includere

next
Articolo Successivo

Matematica: definire è creare

next