lagarde 675Il meeting annuale del Fondo Monetario Internazionale, in corso proprio in questi giorni a Lima (Perù), vedeva già nelle fasi preliminari la grande preoccupazione di Christine Lagarde (che guida il Fondo dal 2011) causata dal progressivo “raffreddamento” dell’economia globale iniziato già’ nella seconda metà dell’anno scorso. Madame Lagarde non ha fatto mistero di voler verificare, per ora solo in ipotesi, la tenuta dell’economia globale qualora uno o qualcuno degli “anelli” che la compongono dovesse cedere. Quelli che preoccupano maggiormente sono ovviamente gli anelli delle economie emergenti piu’ grandi. La Cina in primo piano, ma anche il Brasile e la Turchia che vedono invece aumentare la massa del loro debito sovrano, aumentato proprio allo scopo di non perdere velocita’ nel ciclo economico.

E’ stato proprio il Fondo guidato dalla signora Lagarde, recentemente, a suonare il campanello d’allarme per il rischio che la “bolla” esistente nelle economie emergenti, già in tensione da diversi mesi, potrebbe rompersi improvvisamente. Più che naturale che sia proprio lei, l’attenta economista francese alla guida del Fmi, a preoccuparsi più di tutti, in quanto il suo Fondo sarebbe proprio il primo ad essere chiamato in causa per soccorrere i paesi in difficoltà. Il problema grosso è però che questa fase segue immediatamente quella dei massicci interventi in Europa (Grecia in particolare) e riguarda oggi proprio quelle economie che fino ad un paio d’anni fa sembravano volare, con crescite annuali che si misuravano in due cifre.

A creare questa situazione ha contribuito molto l’enorme massa di denaro a basso costo che, prima la Federal Reserve americana e poi la Banca Centrale europea hanno immesso nel mercato globale allo scopo di rilanciare le proprie economie in recessione.

La corsa ai mercati esteri, e la contemporanea grande disponibilità di denaro, ha creato però una pericolosa situazione di squilibrio nelle economie emergenti che, da un debito complessivo di 4 trilioni di dollari nel 2005, è passata oggi ad un debito di 18 trilioni di dollari (1 trilione = mille miliardi).

Logico che la signora Lagarde sia preoccupata in prima persona, il suo Fondo dispone istituzionalmente di 90/miliardi di dollari per soccorrere con prestiti condizionati i paesi in difficoltà, ma nell’ultimo problematico quinquennio ne ha già allocati 64 ed è poco probabile che, in un momento come questo, i paesi aderenti provvedano ad aumentare la sua dotazione.

Un mercato come quello attuale, troppo aperto e rapido nello spostamento di masse enormi di denaro, può scatenare in qualsiasi momento una crisi di dimensioni bibliche.

Non c’e solo la Lagarde ad essere preoccupata, Mr. Stephen Jen per esempio, che guida da Londra un Hedge Fund specializzato sui mercati emergenti, rilascia una intervista al New York Times nella quale segnala che nei mercati emergenti e’ in atto quest’anno una decrescita netta di oltre 500 miliardi di dollari.

Questa dei mercati emergenti è solo l’ultima, in ordine di tempo, di tre grandi bolle finanziarie arrivate a sgonfiarsi rapidamente. La prima è stata quella del mercato immobiliare americano (2007), poi è arrivata la crisi del debito sovrano europeo (2011), adesso quella delle economie emergenti. In ognuno di questi casi a creare la gravità del problema è stata sempre la massiccia, rapida, e spesso più emotiva che ragionata, inversione dei flussi di denaro da un area geografica di investimento ad altre aree. Si verifica quindi, nelle aree dove viene a mancare il “lubrificante” finanziario, una improvvisa crisi di liquidità alla quale diventa difficile, e in qualche caso persino impossibile, porre rimedio.

Il mercato globale è stato inondato per circa cinque anni consecutivi da una massa enorme di liquidità a bassissimo costo proveniente dalle tre manovre consecutive di Quantitative Easing della Fed americana. Da quest’anno non c’è più, ma c’è ancora quella, appena iniziata quest’anno, del Qe europeo a dare ancora un po’ di euforia finanziaria in giro, e poi?

Poi, se non saranno state prese per tempo le contromisure necessarie (che solo accordi presi nelle riunioni dei 20 possono attivare in modo adeguato) ci sarà l’inevitabile tonfo di qualche paese, sperando che sia un paese piccolo e non una grande economia integrata come la Cina o il Brasile, altrimenti potremmo assistere, per la sopravvivenza, a quello che potrebbe essere assimilato ad uno scontro tra galassie.

Dopo la gravissima crisi del 2008 è stato fatto ancora troppo poco per sperare di evitare una nuova catastrofe che sarebbe probabilmente anche peggiore.

Hillary Clinton ha messo qualcosa nel suo programma per le “presidenziali” del prossimo anno, ma si sa che fine fanno i programmi elettorali, specialmente quando vanno a “pestare i piedi” delle grandi banche e della moltitudine di finanziarie.

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