Il giorno successivo alla carneficina è il momento della solidarietà. Sono iniziati oggi i tre giorni di lutto nazionale per l’attentato kamikaze alla marcia per la pace organizzata dai filo-curdi, l’attentato più grave della storia della Turchia moderna. Il leader del partito filo-curdo Hdp, Selahattin Demirtas, ha detto che i morti sono più di 120 e i feriti circa 500. Fonti ufficiali parlano invece di 95 vittime e 508 feriti.

“Un kamikaze era fratello dell’attentatore di Suruc” – Gli inquirenti sono riusciti a isolare alcune impronte digitali sui resti di uno dei due ordigni e i responsabili dell’attacco, che non è ancora stato rivendicato, sono due kamikaze. Uno di loro – secondo il giornale turco Haberturk che cita fonti della polizia – era un uomo di 20-25 anni, fratello maggiore dell’attentatore suicida di Suruc, al confine con la Siria, dove il 20 luglio scorso morirono 33 attivisti filo-curdi. Le analogie con Suruc riguarderebbero il tipo di esplosivo utilizzato. E visti i punti che accomunano i due attacchi, fonti della sicurezza turca hanno fatto sapere che l’attentato di Ankara potrebbe essere un’azione di una cellula dell’Isis basata nella provincia sudorientale turca di Adiyaman. Secondo il quotidiano Milliyet, l’altro kamikaze era una donna, mentre il capo del partito Chp di opposizione, Kemal Kiliçdaroglu, ha dichiarato che ad attaccare sono stati due uomini. “È necessario lavorare per identificare chi è dietro l’attacco e portarlo rapidamente davanti alla giustizia”, si legge in una dichiarazione diffusa nella notte dall’ufficio del premier. Intanto, nella notte tra sabato e domenica, nonostante il cessate il fuoco unilaterale annunciato dal Pkk, l’aviazione turca ha bombardato postazioni dei guerriglieri curdi nel sud-est del Paese.

I manifestanti: “Erdogan e polizia assassini” – Ad Ankara, sui luoghi della strage, migliaia di persone si sono ritrovate per commemorare le vittime dell’attentato di sabato. In testa al corteo i due co-leader del partito filo-curdo Hdp, Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag. I dimostranti intonavano slogan contro il governo e l’Hdp, molto rappresentato nella marcia pacifista colpita dal duplice attentato, ha denunciato gli attacchi della polizia ai suoi leader e simpatizzanti mentre provavano a lasciare dei garofani e il ferimento di alcune persone. “Erdogan assassino” e “polizia assassina” gridavano i manifestanti, mentre gli agenti in tenuta antisommossa, con cannoni ad acqua, bloccavano la strada che porta a Parlamento ed edifici governativi. E già sabato sera, a poche ore dall’attentato, la Turchia era scesa in piazza per testimoniare la propria vicinanza ai familiari delle vittime.

Bombardate postazioni del Pkk nel sud-est del Paese  Nonostante l’attentato di Ankara, fonti governative hanno fatto sapere che elezioni legislative si terranno il 1° novembre come previsto. Finora 52 delle vittime sono state identificate e le autopsie proseguono. Parenti e amici delle vittime aspettano con ansia fuori dagli ospedali in cui sono stati portati i feriti. Ma l’attentato non è bastato a fermare gli scontri tra Stato e separatisti curdi: l’aviazione di Ankara, nella notte tra sabato e domenica, ha bombardato postazioni del Pkk nel sud-est del Paese e nel nord dell’Iraq, nonostante il cessate il fuoco unilaterale proclamato lo stesso giorno dai guerriglieri curdi.

Colpite le aree di Metina e Zap, nell’Iraq settentrionale, e le vittime curde sono 49. Il Pkk aveva annunciato di aver invitato i suoi membri a non compiere più attacchi per garantire la sicurezza del voto, ma di essere comunque pronto a rispondere nel caso dovesse subirne da parte dell’esercito turco. Dal canto suo, il vicepremier di Ankara, Yalcin Akdogan, aveva dichiarato che la Turchia non avrebbe interrotto le sue azioni contro i guerriglieri curdi.

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