Sul grande schermo accanto a Sarah Felberbaum in Poli opposti, opera prima di Max Croci che lo vede nel ruolo di Stefano Parisi, un terapeuta di coppia galante e gentile, Luca Argentero è forse davvero l’ultimo romantico, tanto che essere considerato un sex symbol lo fa sentire un po’ Cary Grant. Lontani ormai gli esordi nel Grande Fratello, si ritiene fortunato a lavorare tanto e consiglia a tutti gli aspiranti attori di tenersi pronti per la grande occasione.

Sembra trovarsi molto a suo agio nel ruolo di Stefano.
In effetti per me è stato davvero facile pensare e comportarmi come lui, con quella sua eleganza nei modi che oggi nel rapporto tra uomo e donna sta venendo meno. Le distanze si accorciano e si lascia sempre meno spazio a quella fase naturale di avvicinamento. E’ come se non si sentisse più l’esigenza di accostarsi a una donna con garbo.

Quindi lei è uno dei pochi romantici rimasti.
Aprire la portiera della macchina a una donna, invitarla a cena e portarle dei fiori a me è sempre venuto naturale. Forse anche perché ognuno di noi è portato a ripetere quello che vede nella propria famiglia e i miei genitori sono due persone che si danno ancora un bacino prima di partire per fare un’ora di macchina. Crescendo con loro probabilmente ho imparato quel modo di stare insieme e di essere sempre educato.

Qualche volta però le succede di perdere le staffe?
Mi capita di perdere il controllo, anzi in realtà forse è proprio questa tendenza a contenermi sempre a far sì che poi esploda sfogandomi in modo eccessivo. Difficilmente sono maleducato, ma è anche vero che se gli eccessi di ira sono incontrollabili. E in quei casi la maleducazione è già stata superata.

È consapevole di essere un sex symbol?
Sinceramente non mi sveglio al mattino sentendomi un sex symbol, del resto non sono neanche vanitoso. E non lo dico per difendermi. So comunque di piacere a un pubblico prevalentemente femminile, mi fa piacere. Credo anche che sia l’unico motivo per cui da qualche anno mi fanno fare questo genere di film. Il cosiddetto physique du role vale oggi come valeva cinquant’anni fa per Cary Grant e a me piace moltissimo fare l’eroe della commedia romantica. Mi trovo a mio agio e mi diverto. E poi di solito attorno a questo tipo di produzioni aleggia sempre uno spirito molto positivo. Sul set si crea una bella atmosfera.

Sarebbe disposto a imbruttisti per un film se gli chiedessero di farlo com’è accaduto a Johnny Depp?
Mah, con me sarebbe molto difficile… scherzo naturalmente, però il fatto è che in Italia se c’è un ruolo per un attore grasso prendono un attore grasso, non fanno ingrassare uno magro. E’ un po’ il modo di fare del nostro cinema. In Cha Cha Cha di Marco Risi ho provato a essere un po’ più sporco, un po’ più cupo, ho fatto pure mezzo film con un cerotto in faccia, e infatti il film è andato malissimo. Ad ogni modo non bisogna dare per scontato che un attore possa scegliere. Un attore, in realtà, subisce delle scelte, quelle che altri prendono su di lui. Ad esempio: non è che vado a citofonare a Matteo Garrone per chiedergli di fare il gangster nel suo prossimo film.

Quindi cerca di farsi piacere quello che le propongono?
Non è proprio così, però cerco di ritenermi fortunato a stare sul set per così tanto tempo durante l’anno perché la maggior parte degli attori sta a casa. O ci metti anima e cuore in ciò che hai la fortuna di poter fare, oppure vivi sperando che ti succeda qualcosa e quindi vivi soffrendo. E io non sono fatto per soffrire.

Cosa le piace in particolare del suo lavoro?
Fare l’attore per me è un sogno, mi ritengo un privilegiato assoluto e molto fortunato. E’ già difficile trovare un lavoro, trovarlo pure che ti piace è un lusso. A me piace proprio tanto stare sul set, respirare il clima che si crea, l’idea che ci siano cinquanta o sessanta persone che lavorano tutte insieme e fanno squadra. E poi mi piace poter girare e vedere il mio paese. A volte mi capita di vivere due mesi a Palermo, a Trieste o a Firenze e questo per me è un altro regalo pazzesco. Lavoro sempre con persone nuove e ho realizzato il sogno che avevo da ragazzino: quello di non dover lavorare tutti i giorni in giacca e cravatta davanti a un computer.

Molti ragazzi che vogliono entrare nel mondo dello spettacolo pensano di poter cominciare dal Grande Fratello proprio come lei.
Quello però non è un ufficio di collocamento. Ci sono ragazzi bravi che escono dell’accademia e fanno fatica a esordire perché è più complicato investire su un attore sconosciuto. Del resto il film lo devi vendere e alle persone piace di più se conoscono chi ci lavora. Per le piccole produzioni poi, magari con esordienti interessanti, al cinema c’è sempre meno spazio perché ci sono sempre meno sale e meno spettatori, è un cane che si morde la coda.

Quindi quale potrebbe essere il segreto per farcela?
Credo che valga sempre la stessa regola: serve un progetto che ti scopra e che inevitabilmente ti lanci. A me è successo con Saturno contro di Ferzan Ozpetek che è arrivato quando facevo solo un po’ di fiction e altre pochissime cose. Oggi mi ricordo quello che c’era prima di Saturno contro e quello che c’era dopo: prima facevo cinquanta provini e ne vincevo uno, dopo mi arrivavano le sceneggiature a casa. E ho in mente tanti altri miei colleghi che emersi fuori grazie a un film. Quindi meglio farsi trovare pronti per quell’occasione perché non puoi sapere quando ti si presenterà. Magari leggi la sceneggiatura più bella della tua vita, giri il film e pensi che sia il più bello che sia mai stato girato. Poi invece arriva in sala e non piace a nessuno. Se produttori e distributori avessero la formula segreta l’applicherebbero, ma non c’è.

Ma lei al cinema ci va?
Certo. Perché so che quello che c’è dietro. Così come la macchina da presa è studiata per essere proiettata su sei metri per quattro, un film almeno per la prima visione si dovrebbe godere al cinema. Io sono onnivoro, vado a vedere tutto, dai documentari ai film horror. Pochi giorni fa ho visto Non essere cattivo di Claudio Caligari e la settimana prima avevo visto Inside Out. Tanto per far capire la schizofrenia.

A tal proposito, a Natale debutterà nel suo primo cinepanettone, Vacanze di Natale ai Caraibi.
Lo definirei piuttosto un debutto nel film comico. Non mi era mai capitato e sono molto felice di farlo insieme a chi ha reso questo genere un modo d’essere: Christian De Sica, Massimo Ghini e Neri Parenti alla regia. Mi sono sentito lusingato che la proposta mi arrivasse da loro. Con Ilaria Spada siamo una coppia che scoppia, si riaccoppia e riscoppia.

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