Sessista ma relatore della legge Pd contro il sessismo. Il parlamento dei porno-senatori ha la memoria corta. Nella vicenda che tiene banco da giorni sembra aver dimenticato un dettaglio: quel Barani oggi sospeso, tra mille polemiche, per aver mimato in aula atti sessuali all’indirizzo di una collega solo due anni fa veniva acclamato come relatore alla regina delle leggi contro le discriminazioni sessuali. Proprio così. Nessuno dice poi che a indicarlo in quelle vesti furono proprio i colleghi senatori, compresi quelli del Pd che oggi tacciono sulla pochezza delle pena inflittagli (5 giorni di sospensione), per carità di Patria o per amor di un governo che non può farsi scappare i voti verdiniani in Senato.

Ecco come andata, a beneficio degli smemorati. Di Lucio Barani in questi giorni si è detto molto, quasi tutto. Anche del garofano rosso che resta sul giacchino, nonostante i rocamboleschi cambi di casacca che lo hanno portato infine tra le truppe verdiniane. Le testimonianze raccolte dall’Ufficio di presidenza non lasciano dubbi: Barani ha proprio mimato una fellatio all’indirizzo della senatrice Barbara Lezzi (M5S). Verdetto: sospeso, ma solo per cinque giorni. Niente rispetto all’offesa dell’istituzione e della persona. Ma lo scandalo forse non è tanto questo, quanto lo strabismo e l’amnesia che affliggono la politica.

Nessuno ha visto, nessuno ricorda, che l’onorevole Barani non più tardi due anni fa è stato indicato dalla maggioranza come relatore della proposta di legge n. 404/2013 che prometteva di far tabula rasa di ogni discriminazione sessuale, omofobie comprese. Titolo: “Norme contro le discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere”. Viene presentarla al Senato dall’onorevole Sergio Lo Giudice (Pd) e assegnata un anno dopo alla Commissione Giustizia di Palazzo Madama. La discussione inizia il 29 aprile 2014. Nel suo iter colleziona ben 92 firme (78 del PD) e diventa il testo principe in materia di diritti civili. Anche Barani impreziosisce il testo aggiungendo il proprio nome il 15 maggio. La commissione apprezza e finisce per assegnare proprio a lui l’incarico di relatore del provvedimento che vola altissimo, scomodando la Dichiarazione Universale dei diritti umani adottata nel ’48 dalle Nazioni Unite e l’art. 3 della nostra Costituzione che al primo comma afferma la pari dignità sociale di tutti i cittadini senza di distinzioni personali e sociali.

Certo, nessuno poteva sapere che il relatore di allora avrebbe esplicitato in modo tanto originale quei concetti con il linguaggio universale dei gesti. Barani, del resto, viene sostituito in corsa ad ottobre 2013 da un esponente del Pd (Rosaria Capacchione). E non perché qualcuno avuto da ridire sulla qualità del relatore, ma perché nel frattempo l’onorevole di Aulla era passato dal Pdl al gruppo Grandi Autonomie, facendo venir meno il meccanismo che assegna l’incarico ai banchi dell’opposizione nella speranza di far procedere velocemente il testo e portarlo in aula senza intoppi. Nel caso specifico, il tema delicato dei diritti Lgbt che il provvedimento andava a toccare. Risultato (paradossale): due anni dopo il relatore viene sospeso e il testo è ancora lì in commissione, tra le cose dimenticate.

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