Dopo sette mesi di discussione, i ministri delle Finanze dell’Eurozona hanno raggiunto un “accordo politico” sullo scambio automatico di informazioni sugli accordi fiscali tra governi e multinazionali. I cosiddetti “tax ruling”, finiti al centro dello scandalo LuxLeaks e nel mirino dell’antitrust Ue che sta indagando sul trattamento di favore concesso ad Amazon e Fiat Finance and Trade in Lussemburgo e a Starbucks in Olanda. L’obiettivo dell’intesa è evitare che una società possa eludere il fisco attraverso il trasferimento di profitti da una filiale all’altra in diversi Stati. Il compromesso è stato raggiunto grazie ad alcuni emendamenti al testo, tra cui uno che esclude le piccole e medie imprese con fatturato inferiore ai 40 milioni, con l’eccezione di quelle che si occupano di investimenti e attività finanziarie.

In base all’accordo, gli Stati membri dovranno scambiarsi automaticamente informazioni sugli accordi fiscali che stringono con le aziende e sulle condizioni da rispettare per il trasferimento di beni e servizi all’interno di uno stesso gruppo. La Commissione creerà una ‘directory’ centrale, accessibile a tutti gli Stati, dove le informazioni scambiate saranno conservate. Grazie alle nuove regole, che entreranno in vigore il primo gennaio 2017, quando uno Stato firmerà un tax ruling con un’azienda gli altri potranno monitorare la situazione e il possibile impatto sul loro fisco. Le norme sono retroattive di cinque anni, quindi gli Stati dovranno scambiarsi informazioni sulle pratiche strette o rinnovate a partire dal 2010.

Si tratta comunque di una formulazione meno severa rispetto a quanto previsto dalla proposta originaria della Commissione europea, in base alla quale lo scambio di informazioni sarebbe dovuto diventare operativo a partire dal 2016 e avrebbe interessato gli accordi raggiunti tra multinazionali e governi fino a 10 anni prima. Il commissario Ue agli Affari monetari, Pierre Moscovici, ha detto che si tratta di un compromesso “giusto”. Secondo il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan “ci sono sicuramente le basi per un forte recupero dell’evasione, della lotta all’evasione e all’elusione e di una maggiore trasparenza sull’informazione degli accordi che le imprese in termini di tasse hanno stabilito”. Di per sé gli accordi fiscali tra aziende e governi, che permettono alle società di sapere in anticipo quanto pagheranno di tasse, non sono illegali, ma posso permettere alle multinazionali di ottimizzare l’imposizione spostando i profitti dove si sborsa di meno.

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