Meglio evitare reazioni eccessive, perché è a rischio la competitività di un settore “che conta 12,1 milioni di occupati in Europa”. E’ l’avvertimento messo nero su bianco dalle case automobilistiche europee riunite nell’Acea e inviato all’Unione europea, dopo il diesel gate innescato dai test sulle emissioni truccati da Volkswagen. La lettera, datata 29 settembre e firmata dall’amministratore delegato di Renault-Nissan Carlos Ghosn, è stata inviata al consiglio competitività della Ue. E chiede a Bruxelles di limitare i danni concedendo ai produttori più tempo per adeguarsi ai nuovi tetti che la normativa europea fissa per gli ossidi azoto. Secondo Ghosn, che è anche presidente di Acea, i gruppi del comparto non saranno in grado di soddisfarli prima del settembre 2019, anche se i nuovi test su strada (più realistici) entreranno in vigore nel 2017.

Non solo: secondo il Financial Times, una prima versione della missiva conteneva una frase che per spiegare lo scoppio del caso Volkswagen evocava l’ipotesi di una cospirazione statunitense contro i motori diesel made in Europe: “Siamo consapevoli che gli Stati Uniti vogliono sfidare il ruolo di leadership che i produttori europei hanno a livello mondiale in questa tecnologia”, si leggeva infatti nel testo. Che però è stato poi modificato perché quella formulazione avrebbe aperto la strada a “fraintendimenti“.

Bas Eickhout, parlamentare europeo membro della commissione Ambiente, si è detto “allarmato” dalla lettera: “Non si ha la sensazione che abbiano davvero imparato da questa vicenda”, ha detto l’olandese al quotidiano finanziario, spiegando che il testo è molto “sulla difensiva” e sembra sottintendere: “Ok, questa è stata brutta, ma per favore continuate come se non fosse successo nulla”.

Ghosn scrive tra l’altro che le aziende “restano impegnate a fare seri progressi sulle emissioni ma senza rinunciare alle tecnologie in cui l’Europa è leader e che rimangono essenziali per rispettare gli ambiziosi obiettivi sulla limitazione dell’inquinamento da Co2 fissati per il 2021″. E sostiene che un’accelerazione sul fronte dei veicoli elettrici e ibridi richiederebbe molto tempo in un’industria conosciuta per i suoi processi produttivi “intricati”, le catene di fornitura lunghe e i tempi di reazione lenti.

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