Manuel Valls 2 675

“Il digitale e le sue utilizzazioni sono il cuore di una vasta trasformazione della nostra economia, di una profonda ridefinizione dei nostri spazi pubblici e privati e delle relazioni sociali… La Repubblica del 21° secolo sarà necessariamente digitale: dovrà essere capace di anticipare i cambiamenti in atto, coglierne appieno le opportunità e disegnare una società conforme ai principi di liberté, égalité e fraternité.”

E’ con queste parole che sabato scorso il Primo Ministro francese Manuel Valls e la Sottosegretaria di Stato con delega al digitale Axelle Lemaire hanno annunciato l’avvio di una consultazione pubblica online, che si concluderà tra tre settimane, e che ha lo scopo di mettere a punto un testo di legge sulla Repubblica digitale al quale il governo di Parigi sta ormai, lavorando da oltre un anno.

I media francesi – e, in particolare le riviste specializzate in digitale e innovazione – nel week end, hanno salutato con favore l’annuncio e l’hanno commentato come una buona notizia nel metodo e nel merito.

E, in effetti, a scorrere i 30 articoli che attualmente compongono il progetto di legge sulla Repubblica digitale – ma che potrebbero aumentare o diminuire all’esito della consultazione pubblica – ci si ritrovano dentro tutti i grandi temi della Governance digitale di un Paese del 21° secolo: dall’open data by default, alla neutralità della rete, alla definizione dei beni comuni passando per la privacy, la portabilità dei dati tra piattaforme e l’obbligo di lealtà dei grandi fornitori di servizi online nei confronti dei loro utenti, sino ad arrivare alle questioni del diritto all’oblio – specie per i minori – e dell’eredità digitale.

Mancano all’appello solo i grandi temi economici in relazione ai quali il Primo ministro ha promesso un intervento, nei prossimi mesi, del ministro dell’Economia.

E quella di Parigi sembra un’iniziativa con la quale il Governo parla alla Francia perché il mondo – o, almeno, l’Europa –intenda a cominciare dalla versione in inglese con la quale si strizza immediatamente l’occhio ai non francofoni e a seguire con una lunga serie di disposizioni che, nella sostanza, non fanno che anticipare – ammesso che il progetto di legge tagli effettivamente il traguardo nei prossimi mesi – i grandi temi dei quali si discute anche a Bruxelles.

Sembra un po’ di essere tornati ai tempi del celeberrimo G8 de L’internet organizzato a Parigi dall’allora Presidente Sarkozy, con la Francia che rivendica una leadership sul digitale e, a ben vedere, anche il calendario sembra suggerirlo: le tre settimane di consultazione pubblica termineranno, infatti, in tempo utile perché il governo di Parigi possa presentarsi al prossimo Internet Governance Forum, in programma in Brasile a metà novembre, e magari “rubarci” la scena perché, il nostro Paese, proprio in Brasile, porterà e presenterà alla comunità internazionale il testo della nostra Carta dei diritti in Internet, elaborata dalla Commissione parlamentare voluta dalla Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini.

E a leggere i 30 articoli del progetto di legge francese è difficile non riconoscerci lo stesso patrimonio genetico all’origine dell’Internet bill of rights italiano.

Guai, naturalmente, a trasformare le poche iniziative istituzionali illuminate in materia di Internet in un terreno di gelosie e primati; è anzi, auspicabile che tra gli Stati – non solo europei – si sviluppi un po’ di sana competizione sulla governance digitale.

E’ evidente infatti che, prima o poi – speriamo prima e non poi – le iniziative dei singoli Stati dovranno convergere perché non c’è proprio nulla nel mondo digitale che possa essere efficacemente governato a livello nazionale.

Certo, però vedere il primo Ministro francese annunciare al mondo un progetto di legge sulla Repubblica digitale e sentirgli dire che l’obiettivo è veder garantiti online gli ideali e i principi della rivoluzione francese, suscita un pizzico di umana invidia perché forse, al suo posto – non a Parigi ma a Roma – avrebbe potuto esserci il nostro premier.

Anche perché le premesse ci sono tutte da tempo: la Carta dei diritti in Internet già approvata da questa estate e la delega per la riforma della pubblica Amministrazione, sul tavolo di Marianna Madia, ministro per l’Innovazione, il cui articolo 1 è intitolato proprio “cittadinanza digitale”.

Però non è andata così e se non si cambia passo in fretta, di bocconi amari – si fa per dire perché non si può che esser contenti che anche altrove il futuro dei cittadini online sia messo al centro di belle iniziative di governo – rischiamo di ingoiarne ancora parecchi.

La Carta dei diritti in Internet da noi, se tutto andrà per il verso giusto, sarà “solo” una risoluzione parlamentare. Davvero poco rispetto al progetto di legge sulla Repubblica digitale che Parigi si appresta a votare.

E non è scontato che la riforma della pubblica amministrazione, nel segno della cittadinanza digitale sarà ambiziosa quanto meriteremmo e potremmo attenderci.

Forse è arrivato il momento di scommettere, per davvero, sul digitale anche nel nostro Paese.

 

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