“Andare al Dismaland di Banksy è stata la cosa più radical chic che abbia mai fatto nella mia vita”. Questa frase pronunciata dal mio compagno di viaggio riassume benissimo il senso del pellegrinaggio che gli oltre 150mila “fan” del più celebre street artist del mondo hanno affrontato nelle ultime cinque settimane per visitare questo “parco di disorientamento” realizzato dal misterioso writer anticapitalista, in una remota e poco ridente località sul mare del canale di Bristol, dove (narra la leggenda) andava in vacanza da bambino.

Perché andare a Dismaland non è come andare ad una mostra, né tanto meno al parco giochi, ma è un’esperienza volutamente frustrante che si sceglie di vivere con buona dose di masochismo e presenzialismo (la tentazione di postare sui social un selfie per fare i fighi è sempre dietro l’angolo). La “Banksy experience”, però, comincia molto prima di varcare l’agognata soglia del parco.

Nel mio caso inizia sul divano di casa nell’irritante e vano tentativo di acquistare i biglietti sul sito ufficiale, per evitare di fare un viaggio di migliaia di chilometri e di alcune centinaia di euro senza avere la certezza di entrare. Ma ogni volta, all’ora X stabilita per la messa in vendita degli ingressi, il sito ufficiale è in “server busy”. Innumerevoli “refresh” ottengono il risultato di aprire pagine con link non cliccabili. Poi, una volta arrivati miracolosamente nella schermata “pagamenti” il sistema ti informa dispiaciuto che mentre stavi inserendo i dati della carta di credito i biglietti sono andati in sold out. Insomma, già da questo momento lo stato d’animo è abbastanza DISMAL (cioè triste) perchè non rimane che partire alla cieca.

La “dismal-experience” prosegue con un lungo viaggio Milano – Londra – Bristol – Weston Super Mare, con “un agevole” percorso pullman – aereo – pullman – treno – altro treno, annunciato in ritardo di 40 minuti per colpa dei vandali (ma saranno dei veri vandali oppure dei writers?), un ritardo che vanifica la sveglia all’alba e rende sempre più incerta la possibilità di entrare al parco.

Una volta arrivati a Weston, basta seguire “le frecce di Banksy” per arrivare a destinazione, o meglio ad una coda lunga chilometri già alle 10 di mattina. La fila è ordinatissima (si vede che siamo in Inghilterra) e parla inglese, italiano, giapponese, francese… Per fortuna c’è il sole e per far passare il tempo si fa quello che si può: chi legge un libro, chi chiacchera, chi gioca a freesbe, i bambini improvvisano pic-nic…

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Non ci sarebbe da essere “dismal”, forse soltanto un po’ stanchi, se non fosse per quella sensazione di disagio causata dal fatto che la fila non scorre di un millimetro e non c’è nessuno che dia informazioni sul nostro futuro…

Attorno a noi soltanto personaggi bizzarri che distribuiscono volantini, chiedono di firmare petizioni e ringraziano Banksy “per aver riportato Weston Super Mare sulle cartine geografiche”. Chissà se uno di loro non possa essere Banksy in incognito che controlla che tutto proceda bene… Dello staff fino ad ora si è vista solo una Minnie abbastanza incavolata che ci ha distribuito la mappa del parco, urlando “One out, one in”: per ogni persona che esce ne entra un’altra. Tanti auguri a noi… La “dismal-experience” è sempre più dismal per l’ansia di fare un enorme buco nell’acqua…

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Dopo appena sei ore, alle 16, quando le speranze sono ormai quasi perse c’è una massiccia “infornata” di fortunati dismaliani e finalmente si pagano questi 3 pound per entrare. I “Mickey Mouse” che ci accolgono in biglietteria (meno scazzati della Minnie intravista qualche ora prima) ci fanno fare una ola, ci mettono un braccialetto tipo piscina comunale e ci chiedono se siamo veramente sicuri di voler entrare. Ma la domanda è retorica: si entra.

Prima però bisogna passare attraverso (finti) controlli al metal detector in cui qualcuno sembrerebbe averci lasciato le penne, visto che c’è una grossa macchia di sangue (finto).
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La prima cosa che appare davanti agli occhi è il castello diroccato di Cenerentola, circondato da uno specchio d’acqua (la vecchia piscina dello stabilimento balneare di Weston in cui è stato realizzato il parco) da cui emerge una Sirenetta “sfigurata” e i rottami di una camionetta della polizia distrutta dopo un incidente, sullo sfondo una ruota panoramica.

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Il percorso inizia con la galleria d’arte, dove sono riunite le opere dei 58 artisti che Banksy ha chiamato ad esporre a Dismaland. Spiccano fra tutte l’autoscontro gestito dalla Signora Morte, il feto tatuato con i marchi più celebri della nostra società consumistica, il fungo dell’esplosione atomica di Hiroshima e il plastico che rappresenta un tipico paesino inglese in cui circolano soltanto poliziotti a sirene spiegate.

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La gente si accalca, fotografa, spinge… Lo staff incavolato ti incita a sbrigarti, perché anche gli altri devono riuscire a guardare le installazioni. La situazione di disagio continua in effetti a pervaderti, ma il picco si raggiunge quando ci si imbatte in uno dei pezzi più discussi dell’esposizione: una vasca con tre barconi pieni di migranti, alcuni dei quali galleggiano esanimi sull’acqua… Bambini sorridenti infilano la monetina per guidare i barconi da un punto all’altro della vasca. Ignari del reale significato di quello che stanno facendo, sotto gli occhi si spera più consapevoli degli adulti.

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Per alleggerire un po’ l’animo, si passa al castello di Cenerentola ma anche qui c’è poco da stare allegri. Pezzo forte dell’installazione è infatti una carrozza-zucca devastata per un incidente, con una principessa morta, circondata da cavalli e dai paparazzi che fotografano all’impazzata cadaveri umani e animali. Anche qui bisogna fare in fretta e lasciare libero il passaggio. Tanto, come ti dice lo staff, la principessa è morta e non si risveglierà. Con tanti cari saluti a Lady Diana.

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In effetti il tempo stringe, il parco deve chiudere e in tutte le attrazioni ci sono parecchi minuti di fila. Bisogna fare delle scelte. Non si può non fare un giro sulla ruota panoramica arrugginita che però regala una splendida vista sul canale di Bristol e soprattutto sulla giostra di cavalli gestiti dal macellaio che ne fa condimento per le lasagne (in ricordo dello scandalo della carne bovina che ha scosso la Gran Bretagna qualche anno fa). A fine corsa, una Minnie sgarbata ci ricorda che dobbiamo pagare la corsa: “Two pounds, bitch!

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Gli assistenti del parco cominciano a farci fretta in maniera sempre più “gentile”, quindi, spariamo a dei barattoli che non cadranno mai, cerchiamo di pescare paperelle già morte, guardiamo la scena di un crimine in cui hanno ammazzato Paperino e ci facciamo un selfie con i cartonati dei guerriglieri dell’ISIS.

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La festa è finita, bisogna lasciar spazio ai visitatori serali… Abbiamo visto poco, avremmo voluto vedere di più, quello che abbiamo visto in effetti è stato deprimente e siamo stati trattati male da uno staff che ci ha messo a disagio. Non ci resta che uscire, attraverso il “Gift Shop” in cui non ci sono più regali da portare a casa. Sono finiti tutti i poster e gadget, tranne le magliette. DISMAL fino all’ultimo momento. Bravo Banksy hai centrato in pieno il tuo obiettivo.

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