bugie volkswagen 675

Il Re è nudo, ed è stata una ong a svelarcelo. In questo incredibile e doloroso inganno Volkswagen, pochi sanno che tutto nasce dall’attento lavoro di ricerca svolta da l’Icct – International Council on Clean Trasportation, una ong ecologista internazionale super specializzata. Non è uno scoop, la notizia è stata già pubblicata da “Manager Magazine” e ribattuta da alcuni giornali, a mio avviso con troppa poca evidenza.

La storia in breve è questa: L’Icct ed un suo ricercatore, Peter Mock partivano dalla convinzione di dimostrare agli americani che le auto tedesche vendute negli Usa erano più pulite degli stessi modelli venduti in Europa. Ironia della sorte, nessun pregiudizio e nessuno spirito anti-tedesco, anzi. Scoperto l’inganno, hanno fatto quello che tutte fanno le ong che si occupano di Advocacy e Lobbying: l’Icct ha presentato i risultati dello studio all’Epa – US Environmental Protection Agency, che ha preso in carico formalmente l’inchiesta.

La missione di Icct è, infatti, anche quella di fornire i risultati delle proprie ricerche ai regolatori pubblici ambientali, come spiegato sul sito “Our mission is to improve the environmental performance and energy efficiency of road, marine, and air transportation, in order to benefit public health and mitigate climate change”. Missione compiuta, accidenti, e che ‘impatto’- come si dice da noi!

Altro che non profit ‘tappabuchi’: qui assistiamo ad un’operazione di ricerca di alto livello, partita con l’idea di sviluppare una parte di mercato ‘pulita’, in collaborazione e supporto delle autorità di vigilanza. Un non profit maturo che dimostra come si possa stare ‘dentro’ il sistema in modo autonomo e riuscendo a trasformarlo.

A chi non è del settore può sembrare strano il fatto che sia una ong ad aver causato uno sconquasso del genere. Ma per noi è parte del lavoro, molti dei nostri professionisti sono impegnati nelle campagne di sensibilizzazione, denuncia – collaborazione, attraverso quello che definiamo come il lavoro di ‘campaigning, lobbying ed advocacy’, in cui sempre si cerca prima di tutto la collaborazione con aziende e governi.  Con una filosofia di ‘governance’ dei problemi sociali in cui tutti i ‘players’ (aziende, lavoratori, cittadini, pubblico, etc.) siano parte del cambiamento ed abbiano dei vantaggi nell’attuarlo.

Volkswagen è solo uno dei tantissimi esempi di quanto l’irresponsabilità-stupidità del management di un’azienda possa avere conseguenze drammatiche in primis per l’azienda stessa, oltreché per i cittadini, gli operai (600.000 più 1.000.000 di indotto), l’ambiente. Era già avvenuto con Nike, il cui titolo crollò in borsa nel 2000 dopo la denuncia dello sfruttamento minorile negli stabilimenti in Asia fatta dagli attivisti delle ong insieme ai sindacati.  Così è stato con Adidas, sempre a fine anni 90, e in decine di altri casi. La storia purtroppo non sempre è maestra per i manager arroganti è così le ong lavorano anche per rinfrescar loro memoria e… coscienza.

A volte c’è bisogno di vere azioni ‘para-militari’ come quelle più conosciute di Greenpeace per le balene, la deforestazione (ultima, meno di trincea e più collaborativa, la campagna ‘Detox’ con Zara) o della LAV – Lega Antivivisezionista (con la campagna che ha portato alla liberazione di 2639 cani, i ‘beagle’ di Green Hill a Montichiari, dai laboratori vivisezionisti).

Sono anche tanti i casi di successo collaborativo ‘win-win’ (in cui vincono tutti, ong, aziende e soprattutto cittadini e ambiente), con la creazione di forte innovazione di processo (l’ambito si definisce “Corporate Social Innovation”).

Cito fra tutti quello del rapporto tra ong ambientaliste e Levi’s. Dopo le forti pressioni ambientaliste, la Levi’s prima è riuscita a ridurre drasticamente il consumo di acqua per la produzione dei jeans, poi ha deciso di produrre dal 2013 una linea, la Wast Less, con parte delle fibre in poliestere prodotte da plastica riciclata (20% sul totale) – invece che unicamente dal cotone.

Un esempio di come il cittadino di oggi, più critico ed attento, abbia bisogno di ‘abiti nuovi’ e di come le aziende, prima che di manager responsabili, abbiano bisogno di manager intelligenti.

Vedi: blog4change, Lavorare nel non profit. www.socialchangeschool.org

Per scrivermi: m.crescenzi@socialchangeschool.org  – con riferimento al titolo del post.

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