Sono opere pubbliche sempre a lieto fine, quelle della street art. Riempiono zone urbane spesso degradate e abbandonate, che vengono messe sotto i riflettori nella serie televisiva “Muro”, prodotta da Sky Arte HD e da Level 33, in collaborazione con Il Fatto Quotidiano. A trasformare otto città italiane attraverso un’opera che lo spettatore vedrà realizzare passo dopo passo (dall’ideazione alla firma finale), sono stati chiamati i più importanti artisti della street art internazionale. Si parte da Ravenna (puntata di martedì 29 settembre alle 22 su Sky Arte Hd) con un veterano del genere contemporaneo come Jim Avignon, artista tedesco che fu tra i primi a realizzare dipinti su quel che rimaneva del muro di Berlino. Per l’esordio della serie televisiva, ha realizzato un’opera sulla fiancata di un edificio privato, nel quartiere multi-etnico della città: “Ho creato un’immagine in cui gli anziani residenti della zona e i migranti potessero vivere bene insieme” spiega Avignon. “In alcuni casi abbiamo chiesto l’autorizzazione semplicemente a un condominio, altre volte a un’amministrazione comunale – dice Matteo Maffucci, ideatore della serie televisiva insieme all’artista David Diavù Vecchiato –. I sindaci sono stati felici del progetto”.

Da Ravenna, in provincia di Teramo. Da Arcevia (Ancona) dove Zio Ziegler, (classe 1988) ricercatissimo da collezionisti e musei ha trasformato una cava abbandonata in uno scenario d’arte, a Gaeta. E poi in Campania: prima a Caserta, poi in provincia di Salerno. “Mi sembrava riduttivo presentare solo l’opera di un’artista. Era importante raccontare le persone, il quartiere o la città: quella è la vera street art”, spiega Vecchiato, writer ‘prestato alla televisione’. In ognuna delle otto puntate, saranno i giornalisti del Fatto ad approfondire il contesto storico e sociale dei luoghi in cui l’artista sta lavorando.

Chiude la serie, la città di Olbia dove Buff Monster, street artist attivo a New York, noto per lo stile pop e l’uso predominante del colore rosa, ha dato un nuovo volto alla piazza del mercato. La media delle riprese video e del tempo di realizzazione delle opere è di tre-quattro giorni. Ma c’è un luogo in cui l’artista si è fermato quasi un mese: Roma, quartiere Tor Pignattara. Opera di Nicola Verlato, pittore d’arte contemporanea, che qui ha realizzato il suo primo ‘muro’, raffigurante la morte di Pier Paolo Pasolini. A commentarlo, il presidente del Fatto, Antonio Padellaro: “È un’allegoria di Pasolini che cade dall’alto negli inferi, che sono i grandi problemi della società che ha commentato. E poi c’è un gruppo di persone che osservano questa caduta, in realtà non una caduta ma una resurrezione”. Sorride e lascia spazio a una nota autobiografica: “Sul muro mi è sembrato di vedere, ma forse mi sono solo montato la testa, un giornalista che prendeva appunti dipinto e mi sono immedesimato. All’epoca ero un giovane cronista del Corriere e sono stato uno dei primi ad arrivare sul posto”.

Una sfida per aprirsi ai linguaggi della contemporaneità e ampliare il proprio pubblico, come spiega l’amministratore delegato, Cinzia Monteverdi: “Già sul Fatto del lunedì avevamo dato spazio alla street art e alla rivalutazione di zone degradate. L’idea è quella di diversificare, piano piano, i nostri contenuti. Una diversificazione che ci arricchirà”.

 

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