Otto soggetti in corsa, dieci offerte e tutte per tre porti soltanto. Nessuna per Trieste e Marina di Arechi, due per Marina del Portisco e Roccella Ionica, ben sei per quello più ghiotto, il porto di Capri. A 24 ore dall’apertura delle buste uno scarno comunicato di Invitalia poco o nulla dice dell’esito del bando con cui ha proceduto alla vendita degli ultimi cinque porti turistici che erano rimasti in pancia alla società pubblica, controllata dal Tesoro.

La commissione aggiudicatrice, composta da professionsti esterni, ha stilato la graduatoria provvisoria delle offerte senza fornire dettagli. Dalle indiscrezioni però si può già anticipare un mezzo flop per l’operazione che è partita a maggio e si è conclusa a fine luglio, tra molti dubbi e il sospetto che possa concludersi nell’ennesima svendita di beni pubblici, a fronte di un  valore nominale di 46 milioni di euro. La scelta di non fissare un prezzo a base d’asta ha consentito di partecipare alla gara con assegni al di sotto del valore reale delle partecipazioni e perfino di quello iscritto a bilancio nella società pubblica. La condizione perfetta per cui chi vende (lo Stato) va in perdita e chi compra (il privato) fa l’affare. Magari non a questo giro, forse al prossimo, quando l’asta deserta consentirà l’aggiudicazione con ribasso.

Le uniche notizie certe, al momento, non smentiscono questo rischio. Per il 100% del capitale di Trieste Navigando non si è fatto avanti nessuno. Ma era prevedibile perché il porto, dopo anni di promesse, neppure esiste. In vendita era la sola concessione di 40 anni ottenuta dall’autorità due anni fa per 41.514 mq, al canone annuo di 61.568 euro. L’idea era di farne una marina da 117 posti barca a Trieste e da 440 a Terme Romane. Cinque anni fa è stato anche sottoscritto l’accordo di programma con la Regione che stanziava 37,4 milioni, 29 dei quali promessi da “Italia Navigando”. Ma dell’investimento monfalconese si son perse le tracce, mentre “Porto Lido” è ancora tutto da costruire. A differenza degli altri porti in vendita, che almeno esistono.

Deserto è andato anche il lotto per rilevare il 32% Marina di Arechi, nel golfo di Salerno. Nel 2013 era iscritta a bilancio per 8 milioni di euro. Voleva essere un gioiello, anche grazie al progetto da mille posti barca dell’archistar Santiago Calatrava. Il rilancio ha richiesto investimenti privati per oltre 100 milioni di euro ma comprare le quote significa poi avere a che fare con il socio prevalente, il cavalier Agostino Gallozzi dell’omonimo gruppo, che controlla con il 70% delle quote. E che forse aspetterà il prossimo giro per averle tutte, quando il socio pubblico uscito definitivamente di scena non saprà proprio che farsene.

Tutta un’altra storia per il Porto turistico di Capri che fa gola a tanti. Sei sono le offerte per rilevare il 49% in mano allo Stato.  C’è quella annunciata del Comune che detiene il restante 51% e con una delibera ha chiesto a Invitalia di fermare la vendita perché non vuole privati come soci. Ma ci sono altre cinque buste e la più consistente, pare, si aggiri sui 5 milioni di euro ovvero molto al di sotto del valore reale. Cartolarmente la società vale poco, la quota di Invitalia è iscritta nei bilanci per 80mila euro. Ma Capri è sempre Capri e il turismo tra moli e banchine genera milioni di ricavi ogni anno. Non a caso ormeggiare una barca di media grandezza costa almeno 200 euro al giorno. Ma anche qui, mentre il Comune chiede di restare, lo Stato scappa fuori e spalanca il porto ai privati.

Due le offerte per Marina delle Grazie che con i suoi 450 posti è uno dei maggiori scali turistici della provincia di Reggio Calabria. Dove però resta il nodo del controllo. Anche qui il Comune di Roccella Ionica, che detiene il 20% delle quote (il restante 29% è frazionato tra alcuni soci privati) si è espresso perché Invitalia non venda a privati la sua quota, pari al 51%. E tocca capire se la spunterà. Sul piatto c’è già l’offerta di Renato Marconi, un nome da cerchiare tre volte in rosso. Non solo perché ha depositato tre delle dieci offerte pervenute. Marconi è l’ex socio di minoranza di Italia Navigando liquidato dallo Stato con partecipazioni per 16 milioni di euro al termine di una lunga battaglia legale.

Tre anni dopo ha l’occasione per la classica “vendetta degli ex”. Oltre a Capri e Roccella, gli occhi dell’imprenditore luccicano per il 100% di Marina del Portisco, perla per grandi yacht tra Porto Cervo e Porto Rotondo. Pare che sul piatto abbia messo 8 milioni di euro, l’offerta più alta pervenuta ma appena superiore alla metà del valore della partecipazione che è iscritta a bilancio per 15,5 milioni. Se gli riuscisse, con Capri e Roccella, Marconi chiuderebbe il cerchio riuscendo a comprarsi i porti dello Stato coi soldi dello Stato.

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Egregio Direttore,

è lontano dal vero che il sottoscritto “grazie alla liquidazione di 16 milioni da Invitalia tenta di comprarsi i porti dello Stato con i soldi dello Stato”. La transazione, a cui si allude, proposta da Invitalia ed accettata dal sottoscritto quale socio di minoranza (per il 12%) della fu Italianavigando, prevedeva la scissione della stessa Italia Navigando in due realtà dove la più piccola, di valore circa il 12% della originaria, rimaneva al 100% di Renato Marconi. La società scissa da me partecipata era costituita da società in perdita (anche in taluni casi ingente!), alcune delle quali ancora in fase di sviluppo, tutte ancora ad oggi detenute tramite la holding Marinedi Srl, titolare del progetto di rete portuale turistica nel Mediterraneo che coltivo da anni. Pertanto non ho ricevuto 16 milioni dallo Stato ma una quota di partecipazioni in società di gestione portuale di valore neanche comparabile; partecipazioni che ancora detengo. Conseguentemente, il sottoscritto non potrebbe in alcun modo comprare alcunché con “i soldi dello Stato”.

Renato Marconi
Amministratore Unico Marinedi Group

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